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Elezioni e cittadinanza breve Gianfry invece svolta a sinistra

Gianfranco Fini

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Gianfranco Fini è d'accordo con Nicolas Sarkozy sul velo islamico: questa la notizia. Secondo il presidente della Camera - intervenuto ieri alla presentazione del libro di Massimo Angelilli «Quale Costituzione per i cittadini stranieri» - la decisione della Francia di vietare il burqa nei luoghi pubblici è «non solo giusta, ma opportuna e doverosa in ragione del valore attribuito dalla nostra Carta costituzionale alla dignità della donna, che non può essere sottoposta a violenze o a comportamenti indotti da parte di gerarchie diverse da quelle previste dalla legge». Stavolta gli applausi che Fini raccoglie sono bipartisan e non solo dell'opposizione. È già un passo in avanti. Ma, attenzione, quella sul burqa è solo un'eccezione. Il «nuovo» leader di «una Destra moderna ed europea» - questo Fini vorrebbe essere, e così amano definirlo i giornali antiberlusconiani - in realtà ha idee molto diverse dal suo «omologo» d'Oltralpe in fatto di immigrazione. È ormai lontana la legge «Bossi-Fini». Era il 2002 e l'allora leader di Alleanza nazionale firmava un provvedimento che decreta l'espulsione immediata, con accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica, degli stranieri clandestini e la concessione della cittadinanza italiana esclusivamente a chi dimostri di avere un lavoro o un reddito sufficienti per il proprio mantenimento economico. Il presidente della Camera, negli anni, ha cambiato idea: Mazzara del Vallo (Trapani), 16 aprile 2009: «La Bossi-Fini continua a essere valida nell'impianto generale, ma alla luce delle esperienze relative e di alcune questioni applicative della legge, alcuni correttivi credo si rendano necessari». Correggere la rotta, quindi. La svolta riguarda principalmente la concessione della cittadinanza italiana agli stranieri. La legge prevede che per ottenerla ci vogliano dieci anni: otto di attesa e due per frequentare corsi di storia e cultura italiana ed europea. Esistono delle proposte di legge, però, che vogliono modificare lo stato delle cose e, andando a guardare chi sono i firmatari, troviamo delle «vecchie» conoscenze: 30 luglio 2009, proposta di legge numero 2670 d'iniziativa bipartisan dei deputati Sarubbi (Pd) e - udite, udite - Granata (Pdl, allora). I «capisaldi» del provvedimento sono la riduzione a cinque anni della permanenza degli stranieri per ottenere il passaporto italiano e la cittadinanza concessa in automatico ai figli degli immigrati che frequentano le scuole nel Belpaese. Non a caso «L'Italia a chi la ama» recita il titolo di un libro scritto poco prima dall'attale esponente di Fli. Il 20 ottobre 2009 viene depositata una nuova proposta di legge (la numero 2840). Il primo articolo recita così: «I cittadini di uno Stato straniero che risiedono regolarmente in Italia da più di cinque anni possono partecipare alle elezioni degli organi delle amministrazioni comunali». Accanto al primo firmatario Walter Veltroni, compaiono i nomi di Flavia Perina, Benedetto Della Vedova, Aldo Di Biagio e - immancabile - Fabio Granata. Il presidente della Camera, in quanto tale, non può firmare proposte di legge, ma gli uomini a lui più vicini - quando si tratta di parlare di immigrazione - ci sono tutti. Come il vice-ministro Adolfo Urso che, il 17 ottobre 2009, lancia l'idea di introdurre nelle scuole un'ora di religione islamica.   Fini, dal canto suo, interviene dando dello «stronzo» a chi discrimina gli stranieri (21 novembre 2009). Così sentire l'ex leader di An che - davanti ad una platea di italiani non nati in Italia, in occasione della presentazione di un libro destinato a loro - si fa fautore di un concetto di Patria ripensato in chiave multietnica, di certo non fa pensare a Sarkozy.  

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