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Casini apre le porte, i suoi vanno via

Pier Ferdinando Casini

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Calogero Mannino ha fatto sapere che non andrà a Chianciano. E lo stesso ha fatto Totò Cuffaro. Saverio Romano, invece, ha fatto sapere che ci andrà ma solo in quanto segretario regionale della Sicilia: insomma, come obbligo e non per volontà. La festa dell'Udc, che si conclude domani nella cittadina senese famosa per le terme con l'intervista di Enrico Mentana a Pier Ferdinando Casini, rischia di farsi notare più per le assenze che per gli annunci che arriveranno. Il leader domani rilancerà con forza il Partito della Nazione con circoli che saranno aperti in tutta Italia e guidati da personalità esterne all'Udc. Il punto è che spalancare le porte potrebbe essere un rischio: più che ingressi nuovi si potrebbero notare le fughe. Anche se Mannino ci tiene a precisare che non sta per andare via: «La notizia è assolutamente priva di fondamento. La discussione sul partito nuovo che Casini vuol formare non mi porta sul mercato, mi porterebbe dopo aver esercitato il mio dovere di testimonianza e di pensiero a concludere il mio impegno politico. Mi spiace l'equivoco che è stato alimentato ed intendo smentirlo nel modo più categorico». Ma la sua area di riferimento è tutta in fermento.   Si muovono i siciliani e anche Giuseppe Drago, che pure ha smentito l'ipotesi di ingresso in un'area di transizione. Mentre si è già iscritto al gruppo del Pdl Deodato Scanderebech, eletto nelle file dell'Udc ed entrato in Parlamento al posto del dimissionario Michele Vietti. Nelle file del centrodestra si guarda proprio alle surroghe. Luciano Ciocchetti, che comunque è già con il centrodestra visto che è vicepresidente nel Lazio, dovrà dimettersi da deputato. E al suo posto dovrebbe entrare Michele Forte, uomo forte dei centristi a Latina: suo figlio Aldo è già entrato nella giunta Polverini. Il punto è proprio questo. Tra i centristi omai si fa sempre più largo l'ipotesi che stare a destra conviene. E l'esperienza delle ultime Regionali sotto questo punto di vista è inequivocabile. Nel Lazio l'Udc, pur avendo ottenuto uno stitico 3%, ha fatto l'ein plein dei posti (basta fare un confronto con la Destra di Storace che ha ottenuto quasi gli stessi voti e ha strappato - a fatica - un solo assessorato). Dove invece è andato a sinistra l'Udc ne è uscito con le ossa rotte. In Piemonte stava con la Bresso e ha perso, in   Basilicata e Marche è sostanzialmente irrilevante. Un dato evidente che aveva riportato gli uomini di Casini a guardare al centrodestra. Poi è arrivato lo stop da Bossi. Durante agosto, però, Lorenzo Cesa è tornato a sentire spesso al telefono Silvio Berlusconi. E ieri dal palco il segretario centristra ha lanciato i suoi segnali: no alla Lega, sì allo scudo giudiziario per il Cavaliere, ok al legittimo impedimento, si torni a parlare dei problemi reali. Insomma, se si parla di cose concrete l'Udc è disponibile a dare il suo sostegno a singoli provvedimenti. Il capogruppo del Pdl, Cicchitto, sale sul palco dopo di lui e ringrazia: «Noi possiamo come PdL e Udc polemizzare, discutere, ma il vostro stare all'opposizione è sempre stata una cosa diversa da quello dello schieramento di sinistra, una opposizione costruttiva di cui vi diamo atto». Il dialogo è ricominciato. A cominciare dalla giustizia.

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