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I berluscones accelerano l'inchiesta su Montecarlo

Gianfranco Fini

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Riparte lo scontro. Sul patrimonio di An si va verso un'accelerazione e la resa dei conti interna potrebbe verificarsi già la settimana prossima. I garanti dell'ex partito di via della Scrofa (il parlamentino che gestisce ciò che resta dell'ex formazione politica di Fini, al momento a maggioranza belusconiana) hanno in agenda un incontro per il 21 settembre. Ma la componente pidiellina sta preparando una lettera per chiedere al presidente del comitato dei garanti, il finiano Donato Lamorte, di convocare subito quello che può essere definito il consiglio di amministrazione dell'associazione che si sta occupando di traghettare l'allora An dal partito alla fondazione che ne gestirà il patrimonio. Lo scontro è su tutto. A cominciare dall'ordine del giorno. I berlusconiani chiedono di avere un rendiconto preciso di tutto l'affare Montecarlo. Come è stata venduta? A chi? Chi ha condotto le trattative? I finiani rispondono che la cessione è stata effettuata nel 2008 e dunque se c'era qualcosa da dire andava fatto quando venne discusso il bilancio del partito di quell'anno. Inoltre, sollevano una questione di diritto civile. Attualmente i garanti sono al comando dell'associazione, nata dopo lo scioglimento del partito avvenuto nel 2009 e dunque non avrebbero alcuna titolarità a disquisire sulla vendita. i berluscones ribattono che invece esiste una continuità societaria e quindi chiedono di andare in fondo e insistono per la riunione del 15 perché il giorno prima il tesoriere del partito, Franco Pontone, che è anche presidente del comitato di gestione (in pratica l'amministratore delegato) dovrebbe recarsi dai pm di Roma che indagano proprio sulla cessione dell'eredità Colleoni. Altra battaglia, le sedi. Il finiano Enzo Raisi, anche lui nel comitato dei garanti, chiede che quelle ex An ora Pdl siano messe a reddito. Insomma, vuole che via dell'Umiltà cominci a pagare. Al Sole 24 Ore ha detto che si tratta di una ventina di immobili, quasi la metà in Lombardia. I berlusconiani ribattono che esiste un accordo che fino al 2011 l'intesa era che venivano cedute a titolo gratuito. Una mediazione l'ha proposta lo stesso Lamorte: «Affidiamo a una società esterna il compito di effettuare una ricognizione. Vedere gli immobili, valutare il valore, fare un'indagine di mercato su quanto valgono gli affitti e quindi stipulare contratti con il Pdl a prezzo politico. Per esempio con uno sconto del 30%». Ma la partita delle sedi si incrocia con quella del Secolo, di cui Raisi è amministratore. E infatti i berlusconiani sospettano che sollevi la questione delle sezioni per evitare indagini sui conti del giornale. Infatti i pidiellini da agosto stanno chiedendo di affidare a una società esterna di fare una due diligence sui conti del quotidiano che appena due giorni fa ha annunciato di non essere più nel Pdl. Basta così? No, non basta. Perché un'altra discussione si potrebbe accendere sui fondi pubblici che sono stati affidati a una banca con un tasso di interesse troppo alto, secondo gli uomini di La Russa, Gasparri e Alemanno. E poi c'è la questione del personale, visto che una parte dei dipendenti lavora a via dell'Umiltà ma è stipendiata da via della Scrofa. È l'unico punto su cui Lamorte s'inalbera davvero: «Sono anche il capo del personale e non ammetto ci possano essere dubbi. Non si gioca con la pelle di chi ha trent'anni di servizio al partito o di giovani che rischiano di rimanere in mezzo alla strada. Non scherziamo. Ci sono io e chi s'azzarda a pensare a qualche licenziamento deve passare sul mio cadavere. Sul cadavere di Lamorte!».

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