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Pdl: il processo breve è nel patto Fli: trattiamo se riammettete Fini

Il vice ministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso

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"La situazione è più semplice e lineare di quanto non voglia fare credere qualcuno. I cittadini hanno diritto ad una giustizia certa e rapida".  Il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, torna a parlare del nodo della giustizia. "Il processo breve, ideato per snellire l'iter e fare chiarezza rispetto a una durata incerta e troppo spesso arbitrale dei processi, rientra a pieno titolo nella riforma della giustizia - dichiara Cicchitto - dunque nei cinque punti" contenuti nel documento presentato dal Pdl e condiviso dagli esponentei fli vicini al presidente della Camera gianfranco Fini. "Sollevare questioni di lana caprina solo su di un punto come fa qualcuno, non aiuta il buon esito dei rapporti che invece - dice il pdl - vanno chiariti in modo chiaro e definitivo". "Quanto più grave è il reato commesso, tanto più rapida deve essere la risposta dello Stato", gli fa eco Luigi Vitali, componente della consulta giustizia del Pdl, che non capisce "la levata di scudi di certa magistratura che vorrebbe insediare la repubblica giudiziaria", come "le ragioni corporative di Di Pietro e di De Magistris" o "la posizione strumentale degli esponenti del Pd". "Ma gli amici finiani e l'Udc li capisco meno", conclude Vitali   PER ORA NO AL PARTITO - Finiani che però vogliono continuare a trattare sui cinque punti. E chiedono il reintegro di Gianfranco Fini nel Pdl. "Processo breve, legge elettorale, collegio uninominale e via dicendo: sono tutti argomenti importanti che possono rappresentare oggetto di discussione, di trattativa e di accordo, ma tutti presuppongono una ben individuata identità degli interlocutori politici e, primo fra tutti, il cofondatore del Pdl, Gianfranco Fini", dice Maria Ida Germontani, di Futuro e libertà. Che aggiunge: "E' impensabile ritenere di andare avanti come se niente fosse. La revoca dell'espulsione è la precondizione per qualsiasi trattativa. Oggi pretendiamo rispetto verso la terza carica dello Stato", dice ancora l'esponente fli, che chiede la "convocazione almeno della direzione nazionale, meglio un congresso, e un nuovo patto di legislatura per ripristinare la democrazia all'interno del partito". "Ci vuole un gesto da parte del premier", che restituisca a "Fini il ruolo che gli spetta nel partito che ha contribuito a fondare", sottolinea Adolfo Urso, viceministro dello Sviluppo economico, in un'intervista alla Stampa. L'uomo di governo aggiunge che se non dovesse avvenire i finiani potrebbero esaminare l'ipotesi di "un patto federativo con il Pdl". Per ora però niente nuovo partito e "ove lo strappo non si ricucisse saremo innovativi sul piano culturale e organizzativo. Sorprenderemo molti". Sul processo breve Urso sottolinea che "bisogna lavorare perchè non appaia come un'amnistia mascherata, altrimenti potrebbe incappare in un problema di legittimita' costituzionale" e propone l'aggiunta di un sesto punto al patto: un impegno particolare per i giovani.   BASTA TIRA E MOLLA - Non si può tollerare una "continua e infinita" trattativa, nè si possono ancora commentare le dichiarazioni "dei Bocchino o dei Granata di turno", risponde secco Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera. In un'intervista a La Repubblica precisa che, finita l'estate, è arrivato il tempo di "tornare a parlare di Sud, di università, di politiche per la famiglia". Sul processo breve, Lupi ammette che l'argomento non fa parte del programma di governo "ma è un punto fondamentale - dice - perchè i processi non possono durare un'eternità". Quanto alle critiche dei finiani, il vicepresidente della Camera chiede di smetterla con i tira e molla, "ognuno si dovrà assumere le responsabilità. Arriverà un momento in cui si dovrà votare la fiducia e si voterà su tutti e 5 i punti".  Analoga considerazione sulla legge elettorale, "se le discussioni sono di merito, allora va bene - afferma - se devono essere usate per indebolire Berlusconi e la maggioranza allora no. Questa legge ha garantito il bipolarismo e la stabilità. Al massimo direi che si può aprire una discussione non strumentale sulle preferenze, sulle modalità di scelta della classe dirigente".  

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