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La stampella del Cavaliere

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Lui s'è sempre schermito: «Faccio il sindaco. Pensare ad altro porta sfortuna, come fu per Veltroni». L'ha ripetuto spesso il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Tuttavia nei nuovi scenari, sconvolti dall'uscita dal Pdl di Gianfranco Fini e dei suoi fedelissimi, le cose potrebbero prendere una piega diversa. In Campidoglio c'è già chi lo vede al fianco di Berlusconi in un'eventuale campagna elettorale e dopo in un nuovo governo guidato dal Cavaliere. Del resto la tentazione del premier è quella di andare alle elezioni, che sarebbero inevitabili vista la mancanza di una maggioranza alternativa al Senato, dove Pdl e Lega fanno la parte del leone. Sarebbe un modo per «liberarsi» in un colpo solo dei finiani e per ricominciare a governare su basi più solide. A quel punto Alemanno potrebbe essere della partita. Innanzitutto perché Fini ha lasciato uno spazio rilevante tra Berlusconi e la destra ex An. E in politica i vuoti si riempiono sempre.   Chi meglio del sindaco di Roma potrebbe diventare il fulcro degli ex aennini del centro-sud? Avrebbe le carte in regola, non c'è che dire. È stato un ministro dell'Agricoltura stimato anche dal centrosinistra e ha uno spessore post-ideologico che gli dà un vantaggio sugli altri ex colonnelli. Non solo. Tra Berlusconi e Fini ha scelto il primo da tempi non sospetti ma non ha mai ceduto alla tentazione di rinnegare l'ex leader di Alleanza Nazionale. «Abbiamo buoni rapporti, costruiti dal lavoro comune svolto negli anni», ha ricordato spesso. Ha un asse anche con i cattolici e con l'Udc, di cui ha sposato il quoziente familiare (per ironia della sorte è stata la moglie, Isabella Rauti, a inserire il cavallo di battaglia dei centristi nell'assestamento di bilancio alla Regione Lazio). Inoltre, Alemanno ha un filo diretto col ministro dell'Economia Tremonti. Ne ha sostenuto l'azione per risanare i conti e tenere in equilibrio il debito del Paese. Nello stesso tempo è riuscito a «sfilargli» 300 milioni di euro di trasferimenti in più per la Capitale. Una roba da miracolo, che nemmeno Veltroni era riuscito a realizzare con l'allora governo Prodi. Infine sarebbe l'unico a poter catalizzare il consenso degli esponenti del centrodestra che non hanno trovato un'amalgama con gli ex di Forza Italia. Ha tentato anche di ricucire lo strappo tra i due fondatori del Pdl. Ma non c'è stato niente da fare. Dunque ora si volta pagina e Alemanno, come dicono alcuni dei suoi fedelissimi, «ha il profilo del vicepremier». Permetterebbe anche al presidente del Consiglio di «rinnovare» la sua squadra. Del resto il sindaco di Roma è l'unico big del Pdl a non essere stato logorato dagli ultimi mesi di trincea con Fare Futuro prima e Futuro e Libertà dopo. Ma le ragioni per cui Alemanno potrebbe fare un salto dal Campidoglio al governo, in caso di elezioni anticipate, sono anche più «strategiche». Berlusconi ha già un alleato vincente al Nord, Umberto Bossi. Intoccabile. È l'asse portante dell'esecutivo, quello che ha messo «al sicuro» il premier in questi due anni di governo. Gianni Alemanno, invece, sarebbe il cavallo di razza per conquistare il Sud in un momento, peraltro, particolarmente critico. Nel Mezzogiorno, infatti, sta crescendo la delusione per un governo a trazione nordista. Non è un caso che nei quattro pilastri per rilanciare l'azione dell'esecutivo il premier abbia inserito il Sud. Ecco Alemanno potrebbe avere un ruolo di primaria importanza. Anche perché a Roma i finiani non hanno esponenti. Cioè la Capitale di Alemanno è anche quella del centrodestra. Dal canto suo, il primo cittadino della Capitale «non ci pensa», dice. «Chi crede che non sia vero non sa cosa significa fare il sindaco», ripete ai suoi. Ma partecipa ai vertici che contano del Pdl, è sempre in contatto con Berlusconi e Tremonti ma non vuole fare la fine di Rutelli e Veltroni. Entrambi hanno lasciato il Campidoglio con qualche anno di anticipo rispetto alla scadenza del mandato per tentare l'avventura nazionale. Ma appunto è stata un'avventura. Ad ogni modo lo scenario attuale è completamente differente: in caso di elezioni il centrodestra non rischierebbe di perdere contro un centrosinistra a cui manca, oltre che una base condivisa, anche un leader. Dunque quello di Alemanno non sarebbe un salto nel buio. Non si tratterebbe di una «exit strategy» dal Campidoglio che pure non sta dando le soddisfazioni sperate alla destra. Piuttosto sarebbe un passo inevitabile. Ma c'è da scommettere che anche la presidente della Regione Lazio Renata Polverini farà la sua parte. «Lasciato» Fini, che sarebbe rimasto deluso, ha conquistato un rapporto privilegiato con Berlusconi. Non c'è passo importante della sua amministrazione che Renata non discuta col premier. A cominciare, ovviamente, dalla sanità e dai rapporti con l'Udc. È difficile immaginare ora un ruolo «nazionale» per la Polverini. Tuttavia già si parla di una eventuale lista che la governatrice potrebbe presentare alle prossime amministrative. Una mossa ulteriore per saldare il suo consenso personale con quello di un Pdl penalizzato dalle scorse elezioni regionali.  

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