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Pd all'attacco: il premier verifichi la maggioranza

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Incaso contrario, si aprirebbe una crisi e l'ultima parola spetterebbe al presidente Napolitano. Questa, in sintesi, la posizione del Pd di fronte alle polemiche di questi giorni sulle ipotesi di governi tecnici o voto anticipato, spiegata da Vannino Chiti e confermata in una nota anche da Filippo Penati, capo della segreteria politica: «Prima di parlare di voto anticipato Berlusconi venga in Parlamento e dica agli italiani che il suo governo è finito e che non ha più una maggioranza per governare. Sia chiaro - avverte Penati - che se la maggioranza verrà meno ciò dipenderà solo dalle liti al suo interno e questo è e sarà l'unico tradimento della volontà e del patto popolare». Penati definisce quindi «irresponsabile da parte degli esponenti della maggioranza continuare a scaricare sulle istituzioni lo scontro di potere in atto nel centrodestra» e cercare di «forzare la mano offrendo una lettura eversiva» delle leggi e del dettato costituzionale e ripetendo «lo stesso mantra sbilenco di una inesistente costituzione materiale». «Nessuno - conclude Penati - impedisce di chiedere il voto anticipato, solo che il verificarsi di tale eventualità non è nelle mani del richiedente». Ma dipende da «passaggi precisi» affidati alla «gestione» del capo dello Stato, un «percorso» da cui «non si deroga». Per l'europarlamentare del Pd Debora Serracchiani, «siamo di fronte a una crisi annunciata e auspicata, ma purtroppo ancora non consumata», e questo perché «sarà Bossi a decidere se o quando andremo a votare». Secondo Serracchiani, «se andremo al voto anticipato, questa volta al centrodestra non basteranno gli slogan per ipnotizzare gli italiani, e a maggior ragione la proposta del Pd deve essere fin da ora concreta, univoca e comprensibile, soprattutto se vogliamo essere competitivi al nord, dove il presidio leghista è fortissimo e probabilmente in espansione». Quello che si sta svolgendo è un dibattito «surreale», per il deputato dell'Udc Pierluigi Mantini: «Se il presidente del Consiglio non ha più la maggioranza in Parlamento deve rassegnare le dimissioni. Spetta poi al capo dello Stato la verifica delle possibilità che un nuovo governo abbia la fiducia delle Camere, anche su un mandato limitato», è la posizione espressa dai centristi. «Chi invoca la Costituzione materiale contro quella scritta - conclude Mantini - si pone su un terreno pericoloso e irresponsabile». Gli fa eco il collega di partito Maurizio Ronconi, «allarmato» dall'«esagitazione che c'è nel centrodestra», che sembra aver «scoperto» un «diritto alle elezioni anticipate», le quali invece rimangono solo «l'esito finale del riscontro dell'assenza di maggioranze parlamentari». E intanto, con l'adesione al «No B-day 2», indetto dal «Popolo Viola» per il prossimo 2 ottobre a Roma, Antonio Di Pietro dà l'impressione di non credere ad una crisi di governo, almeno non già a settembre.

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