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La velenosa e torbida estate del 2010 (l'estate in cui «muore la politica», secondo il commento domenicale di questo giornale) rischia di produrre la più lunga e nefasta campagna elettorale della storia repubblicana.

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Ècome se non avesse deciso cosa fare in settembre, mentre adesso è concentrato nella demolizione del nemico Fini. Ma un conflitto politico-istituzionale fra il presidente del Consiglio e il presidente della Camera è devastante, soprattutto se protratto per settimane e mesi senza che nessuno dei duellanti riesca a mettere a segno il colpo risolutivo. Purtroppo è quello che sta già accadendo. Fini, benché indebolito dal grottesco pasticcio della casa a Montecarlo, non ha intenzione di dimettersi dalla sua carica; Berlusconi non ha per ora la forza o la possibilità di farlo cadere. Si accentuerà la pressione sul ribelle, nella speranza di piegarlo sotto il profilo psicologico e di sottrargli qualcuno dei deputati che l'hanno seguito in «Futuro e libertà». Nel frattempo le probabilità che si definisca un «patto di legislatura» nel centrodestra, come vorrebbero i finiani, sono pressoché nulle. Ferruccio de Bortoli, sul Corriere, ha chiesto alla maggioranza di «pensare prima al paese». È il suggerimento cruciale, perché chi ha vinto le elezioni ha molti diritti, ma ha il dovere prioritario di governare, anziché sprecare per l'ennesima volta la legislatura.

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