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Berlusconi pensa alle urne

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Bossi: "Alleati? Vedremo"

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Il segretario d'Aula Giacomo Lasorella passa veloce e saluta i dipendenti della buvette di Montecitorio augurando a tutti buone vacanze. Poco più in là un gruppetto di leghisti, calici di prosecco alla mano, brinda con il vicepresidente della Camera Antonio Leone che ricostruisce la rissa sfiorata tra Marco Martinelli (ex An pidiellino) e Aldo Di Biagio (ex An finiano). È finita, ci si rivede a settembre. E, anche se nel primo pomeriggio la fantasia dei cronisti fa circolare la voce di un Giorgio Napolitano costretto al rientro immediato dalle sue vacanze a Stromboli (dove era arrivato in mattinata ndr) per ricevere il premier, probabilmente dimissionario, al Quirinale, Silvio Berlusconi resta a Palazzo Chigi. Per ora. In serata, infatti, partecipando ad una cena con i deputati del Pdl a Villa Miani a Roma, il premier sfoga tutta la sua amarezza per ciò che è successo alla Camera e avverte: «Prepariamoci alle elezioni, potrebbero essere tra tre anni, ma anche molto prima». Il suo piano per l'estate è già pronto: «Restare a Roma per riorganizzare il partito, perdere sette chili e prepararsi al voto». Insomma, l'impressione è che l'appuntamento con le urne si stia avvicinando ogni giorno di più. Certo, la mozione di sfiducia presentata dall'opposizione nei confronti del sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo è stata respinta con 70 voti di scarto (299 no, contro 229 sì). I liberaldemocratici Italo Tanoni, Daniela Melchiorre e Maurizio Grassano hanno ufficializzato il loro sostegno al governo e gli astenuti sono stati 75. Il che significa che alla fine, al netto dei 37 dell'Udc e dei 7 dell'Api di Rutelli, il gruppo dei finiani si è fermato a quota 25. Quattro i deputati assenti (Giuseppe Consolo, Francesco Divella, Mirko Tremaglia, Giuseppe Angeli), due i membri del governo assenti (Roberto Menia e Antonio Buonfiglio), due gli esponenti dell'esecutivo che hanno votato con il Pdl (Andrea Ronchi e Adolfo Urso). Tutto, quindi, è andato come previsto. Ma quanto può durare? «Loro hanno detto di essere fedeli al programma - commenta il premier -. Andiamo avanti ma non possiamo esporci al logoramento perenne. C'è la speranza che ci sia un ricompattamento della maggioranza, ma se non avviene al primo incidente serio dovremmo chiedere agli italiani di tornare alle urne.   Non credo che 33 dei nostri possano farsi soggiogare da due o 3 irresponsabili. Ma se altri ci impediranno di continuare a fare il nostro lavoro, reagiremo come quelle persone coraggiose che siamo e spiegheremo agli italiani le cose buone che abbiamo fatto». Insomma nel mirino c'è soprattutto la truppa di deputati e senatori guidata dal presidente della Camera. «Anche se sappiamo tutti quello che costa restare in Parlamento a lottare - prosegue -, noi avevamo una maggioranza straordinaria, un governo compatto e una squadra di giovani ministri motivati da grande idealismo, un esecutivo che ha risposto con grande efficacia alle emergenze. Non c'era nessuna possibilità che un mandato così largo degli elettori fosse messo in discussione. E invece è successo ciò che è successo e anche domani (oggi ndr) torneremo a leggere sui giornali internazionali descrizioni di un'Italia tornata inaffidabile». Berlusconi, che invita Fini a spiegare le notizie sul suo conto (il riferimento è alla casa a Montecarlo ndr), è addirittura convinto che le difficoltà numeriche fin qui registrate dalla maggioranza possano essere state «il primo passo di una strategia», in ogni caso non usa mezzi termini: «Non è possibile che il mandato degli elettori sia messo in discussione da quello che è successo alla Camera. Oggi (ieri ndr) è una pagina nera per loro. Non ci si può astenere sui principi fondamentali. Giacomo Caliendo è una persona per bene. C'è stata una mozione voluta dalla sinistra e non è possibile che alcuni dei nostri che sono stati votati con il simbolo del Pdl siano andati contro quelli che sono i nostri principi. È stata una grande delusione». E comunque su una cosa il presidente del Consiglio è categorico: «La colpa è tutta di Fini e per motivi personali. Siamo stati costretti a fare quello che abbiamo fatto. Non abbiamo cacciato qualcuno, ma qualcuno si è fatto cacciare. È stata una decisione dovuta e improcrastinabile presa non dal premier ma da 33 membri dell'ufficio di presidenza. Non abbiamo chiesto a chi fa parte del Pdl di uscirne, ma preteso dai principali autori del logoramento che dessero spiegazione davanti ai probiviri». Ora si va in vacanza. Silvio tranquillizza i presenti: «C'è il mio impegno e la promessa che voi che vi siete comportati bene, verrete ricandidati». Negli occhi di tutti resta la standing ovation che i deputati, al grido di «Silvio, Silvio», hanno tributato al premier al suo ingresso nell'Aula della Camera. Una prova di orgoglio davanti allo sguardo glaciale del presidente della Camera. Un modo per far capire che la battaglia è appena iniziata. E che, d'ora i poi, non ci sarà più spazio per giocare.

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