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La Governeide 2

Montecitorio

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GOVERNO DELLA MINORANZA PRECOSTITUITA - Sembra la formula di una ricetta prescritta dal medico curante e la scena seguente è quella del farmacista che legge il geroglifico e al posto dell'Aspirina ti presenta il Guttalax, ma giuro che esiste e qualcuno in queste ore ci sta almanaccando. Ha un precedente illustre: governo del prode Adone Zoli, classe 1887, democristiano a 24 carati che nel giugno del 1957 forma un governo con l'appoggio determinante del Movimento Sociale Italiano. I finiani di allora. Scandalo nel Paese. Ma Zoli spinto da Gronchi va avanti come un treno e in Parlamento sfodera la formula storica del «governo a minoranza precostituita». Dura un anno e combina di tutto: prolunga di dieci anni la Cassa per il Mezzogiorno, mette il cappello dello Stato su tutte le compagnie telefoniche e – udite udite – insedia il Consiglio superiore della Magistratura. Cinquantatrè anni dopo, Telecom sta licenziando quasi 4mila dipendenti, le condizioni economiche del Sud sono quelle che sono e la magistratura fa e disfa i governi. Vade retro. GOVERNO BALNEARE - È un must, resiste alle intemperie, si fortifica con il solleone, impazza sotto l'ombrellone. Il povero Giovanni Goria lo sperimentò sulla sua pelle nel luglio del 1987. Durò otto mesi e il risultato fu che Giorgio Forattini lo disegnava su Repubblica con il solo tratto della barba. Sotto i peli, niente. Ma i ricorsi storici in Italia servono per commettere gli stessi errori e dunque il governo balneare prende il largo con l'estate e solitamente s'accompagna a «fine della monarchia» (Follini) e «cabina di regia» (Fini). Trattandosi di governo balneare, ci si arma di paletta e secchiello, ma il problema è che poi parte a palla il ritornello dei Righeira e quando «l'estate sta finendo» nel mondo politico tutti si chiedono: e ora del governo balneare che ne facciamo? Niente, Marchionne continua a indossare il pullover ed è già in arrivo l'autunno caldo. GOVERNO DEL BLOCCO E DEL CARTELLO - Il «cartello», parola solitamente riservata alle riunioni dell'Antitrust, è emerso dalle labbra del ministro Maurizio Sacconi. Il mai domo Umberto Bossi ci ha aggiunto un granitico «blocco». Ne deriva che da qualche parte, nelle segrete stanze dei poteri forti, si affiggono cartelli e posano blocchi contro Silvio nostro. Che cos'è? Non si capisce bene, a occhio sembra l'insalata fatta con gli avanzi della cena, frattaglie di esecutivo tecnico, governo di unità nazionale, il tutto condito da una larga intesa che per ora non c'è, ma sta maturando nelle terrazze dell'establishment tutto tartina, dittatura berlusconiana e champagne. Dalla falce e martello al blocco e cartello. Comunisti. GOVERNO DEL GRILLO - Non è quello del nostro eroe, il sublime Marchese impersonato da Albertone Sordi e neppure quello parlante del magico Pinocchio di Collodi. È semplicemente il genovese Beppe nelle vesti di politico. Ieri ha lanciato sul palcoscenico nazionale il suo Movimento 5 Stelle. Parteciperà alle elezioni politiche. Quando ci saranno. Panico nel Pd e subito una modesta proposta: “Andare alle elezioni è pura follia, serve un governo tecnico per mettere sotto controllo il debito pubblico, per ridare la scelta del candidato agli elettori, per eliminare i rimborsi elettorali e fare una legge sul conflitto di interessi». Comico. GOVERNO DELLA STAMPELLA - Ci mancava un ausilio ortopedico, è arrivato con la puntualità di un'ambulanza nei vicoli di Napoli. A guidare il mezzo di soccorso sono quei buontemponi della Sud Tiroler Volkspartei i quali arrivano a sirene spiegate sul luogo del disastro, ma poi annunciano urbi et orbi che loro no, non faranno mai da stampella al governo e continueranno nella notissima politica del “blockfrei” che non è una birra tedesca ma, più modestamente, la strategia dei “non allineati”, quelli che si sentono a Nord della Padania e spernacchiano il Senatur perché è un terrone. Peccato, nel Pdl si erano già illusi, anche in virtù del fatto che il loro leader e fondatore di cognome faceva Magnago ma soprattutto aveva il nome perfetto: Silvius. GOVERNO TECNICO MODELLO CIAMPI - È la scintillante proposta pret à porter di Walter Veltroni, lanciata dalle ciclopiche colonne di Repubblica. Dopo aver reso liquido il Pd, Walter s'industria per mettere il suo timbro funereo anche sull'esecutivo che verrà. Non un governo tecnico qualunque, ma il “modello Ciampi”, l'uomo dell'euro alla livornese. Presupposto essenziale per la riuscita del piano veltroniano è avere un personaggio simil-Ciampi disponibile all'avventura. Bersani suda freddo. Non si fanno nomi, ma lette le parole del liquidatore di partito, dalle stanze austere di Bankitalia segnalano un Mario Draghi in cerca di ferri di cavallo e con le mani ben sotto la scrivania. Esecutivo usa e jetta(torio).

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