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Fini salvato dai Casini

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Il presidente della Camera Fini e il leader dell'Udc Casini

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Casini dà una mano. E toglie Fini dall'imbarazzo di rischiare la spaccatura del suo gruppo al primo voto. Succede infatti che la conferenza dei capigruppo della Camera decida di mettere subito in calendario la votazione sulla mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, coinvolto nell'inchiesta sulla presunta P3.I finiani erano alle prese con il primo dilemma: come votare? Hanno rotto con Berlusconi sul tema della legalità e chiedendo le dimissioni degli indagati come Verdini e l'allora sottosegretario Cosentino. Ma sparare a zero su un esponente del governo al primo voto poteva suonare come una dichiarazione di guerra. E poi c'era il gruppo spaccato tra colpevolisti e garantisti, tra quelli che vogliono la rottura subito con Berlusconi e quelli che preferirebbero cuocerlo a fuoco lento o magari non accendere neppure il fuoco. Così, l'aiuto di Casini. L'Udc infatti ha formulato una sua ipotesi, ovvero l'astensione sulla mozione che sarà votata domani pomeriggio. Con duplice effetto: togliere quasi quaranta voti all'opposizione e abbassare il quorum.   A questo punto che cosa faranno i finiani diventa secondario ai fini del rapporto con Berlusconi. Potrebbero astenersi o non partecipare al voto. O Fini potrebbe lasciare libertà di coscienza visto che il voto è segreto. Comunque sia, il presidente della Camera non sembra avere le idee chiarissime che professava domenica a pranzo. Sabato sera era per far scivolare il voto a settembre, la mattina dopo per votare contro Caliendo, poi l'astensione. Infine l'aiuto di Casini: ora parlare di asse è eccessivo ma appare evidente che i due si muovono verso lo stesso obiettivo, che sicuramente non dispiace al Quirinale (e proprio ieri l'Udc Vietti è stato eletto vicepresidente del Csm). Tanto che ieri sera Italo Bocchino si lasciava andare: «Domani (oggi, ndr) avremo un incontro con il gruppo dell'Udc per ricercare una convergenza e una via responsabile rispetto agli eccessi che ci possono essere da una parte e dall'altra». Ma se Fini è ricercato nel Parlamento per le sue prossime mosse, i suoi problemi restano all'interno del gruppo. E il caso Caliendo li ha solo evidenziati. C'è da scegliere il nuovo leader parlamentare. Il candidato naturale dovrebbe essere Italo Bocchino. Perché ha esperienza parlamentare, essendo stato fino a poche settimane fa vicecapogruppo del Pdl. E perché ha i numeri visto che la maggioranza dei finiani è di Generazione Italia, la sua associazione. Ma è altrettanto vero che una parte del gruppo, quella che ha aderito nella seconda fase, ha posto proprio come condizione un ridimensionamento del leader di Generazione Italia. A guidare questa seconda area sono Menia e Moffa ma è facile ipotizzare che l'ex pupillo di Tatarella non raccolga l'entusiamo del ministro Andrea Ronchi e della deputata a lui vicino Giulia Cosenza (non hanno mai aderito a Gi), di Souad Sbai e Catia Polidori, e neppure di Donato Lamorte e Adolfo Urso. Si deciderà stasera a una cena nella sede di Farefuturo. E Fini ha un nuovo dilemma: se impone un candidato agirebbe alla Berlusconi, se mette tutto ai voti si prende l'applauso per la scelta democratica ma rischia la spaccatura.

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