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Addio alla "dolce" Noretta Moro

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Aldo Moro con sua moglie Eleonora Chiaravelli durante un ricevimento a Roma

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Addio Noretta, come Aldo Moro chiamava affettuosamente sua moglie, Eleonora Chiavarelli. Che gli è sopravvissuta di 32 anni portandosi per intero nella tomba il dolore e la rabbia - sì, anche la rabbia - di quei 55 lunghissimi giorni del 1978. Tanti ne trascorsero, tra il 16 marzo e il 9 maggio di quell'anno, dal sequestro del marito al suo truce assassinio per mano delle brigate rosse. Delle quali mi ripugnano le maiuscole che ancora rivendicano alla loro organizzazione i superstiti capi e militanti, cioè macellai. Essi ancora vorrebbero spiegarci, da pentiti in cattedra o da ospiti di troppo disinvolti salotti televisivi, di avere sognato in buona fede la rivoluzione, o di avere voluto vendicare una Resistenza tradita dal solito Stato imperialista, autoritario, golpista, corrotto e via sproloquiando. In quei terribili 55 giorni la povera Noretta, che ci ha appena lasciato alla veneranda età di 94 anni, si battè come una leonessa per difendere il diritto alla vita del suo uomo e del padre dei suoi quattro figli, prima ancora del politico impietosamente abbandonato ai suoi aguzzini da molti di quelli che, nella sua Dc e altrove, ne avevano sino ad un momento prima inseguito i favori. O che, dimentichi o pentiti del no irrazionalmente e ingenerosamente opposto alla fine del 1971 alla sua candidatura alla Presidenza della Repubblica, alla scadenza del mandato di Giuseppe Saragat, ne davano per scontata alla fine di quel tragico anno l'elezione al Quirinale per succedere a Giovanni Leone. La signora Moro in quei giorni non ebbe riguardi per nessuno. Rifiutò ogni gesto d'ipocrisia. Da moglie fedele si fece esecutrice accanita di tutti i desideri, i consigli e gli appelli che, dal covo brigatista in cui era rinchiuso, il marito le lanciava nell'unico modo consentitogli dai suoi carcerieri: con le lettere, non tutte peraltro consegnate a destinazione. Noretta fu di una fedeltà straziante anche nella richiesta del marito di disertare, in polemica con le cosiddette autorità dello Stato, la solenne cerimonia funebre in suo onore. Eppure essa fu celebrata dal Papa in persona, Paolo VI. Che, dopo avere inutilmente pregato «in ginocchio» nei giorni precedenti i terroristi di salvare la vita al loro ostaggio, levò il suo grido di dolore e di delusione anche a Dio sotto le volte della Basilica romana di San Giovanni. Probabilmente non è stato di conforto alla vedova Moro, o ne ha addirittura aumentato la rabbia, e giustamente, assistere nei suoi ultimi, anzi ultimissimi anni di vita, a troppo tardive ammissioni di colpe o di errori da parte di alcuni dei fautori e degli attori della cosiddetta linea della fermezza. Che impedì durante la lunga e drammatica prigionia di Moro di sperimentare davvero tutte le strade possibili - e ve n'erano - per strappare vivo l'ostaggio ai suoi aguzzini, anche inserendosi nei loro sempre più evidenti o ravvisabili contrasti. Alla linea della fermezza, d'altronde, appena tre anni dopo la tragedia di Moro si derogò, peraltro in una ignobile commistione con la camorra, per aiutare l'assessore regionale campano della Dc Ciro Cirillo, finito nelle mani dei terroristi: un'altra cosa, questa, che dovette far ribollire il sangue alla vedova Moro. E ciò non per quella vita salvata, sia pure con metodi così maldestri, dei quali forse si pagano ancora oggi le conseguenze, visti i livelli di forza e di sfrontatezza raggiunti dalla camorra proprio dopo quei fatti, ma per l'altra vita così ostinatamente abbandonata. Che pure era la vita di uno statista: uno statista vero, non di quelli finti che da sinistra si propongono di tanto in tanto alle nostre cronache con ipocriti richiami proprio a lui, il marito della Noretta che si è appena ricongiunta al suo uomo, nell'eternità di quella misteriosa "luce" di cui Moro le scrisse nella sua ultima lettera, quando i suoi aguzzini gli comunicarono che era tutto finito, anche il vergognoso intreccio d'inganni in cui lo avevano avvolto dopo averlo sequestrato tra il sangue della scorta sterminata in via Fani, a poche centinaia di metri da casa.  

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