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Abete non molla e rilancia "Ripartiamo da Prandelli"

Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio

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Il disastro annunciato della Nazionale in Sudafrica ha rischiato di buttar giù il castello di carta del nostro Calcio. Ma come sempre, alla forte vibrazione, non è poi seguito l'atteso crollo: Abete resta lì, non molla. Non ha nessuna intenzione di dimettersi o di passar la mano. Altro che francesi, dove la debacle al Mondiale è costata la testa a molti: presidente della federazione compreso. No, qui in Italia al massimo ci si mette la faccia, ma la testa resta saldamente attaccata sul collo al resto del corpo. Però inevitabile, ieri è toccato ad Abete fare il mea culpa post-mondiale, fare bagno d'umiltà (almeno quello) e prendersi la tirata d'orecchie dell'Italia intera: aspettando in rientro a casa che potrebbe riservargli sorprese già in aeroporto. Già, perché la peggior crisi tecnica del calcio italiano del dopoguerra, non passerà inosservata. Così come la sua voglia di restare nonostante sia proprio lui l'autore della scelta fatale: quella di Marcello Lippi. Il 2 luglio a Roma ci sarà Consiglio federale (il giorno dopo la presentazione di Prandelli) ma Abete non sembra intenzionato a rimettere il mandato. Spiega. «La logica della poltrona non mi appartiene. Farò ciò che è bene per il calcio. Mi assumo le mie responsabilità, anche se ho la coscienza a posto. Ne rispondo alla base che mi ha eletto e al governo del calcio. Nel rispetto del Coni e del Governo».   Insomma una difesa istituzionale che lascia con un palmo di naso i tifosi, proprio coloro che si sentono più traditi da questa Italia: e non a caso mette le mani avanti. «Mi aspetto le critiche - dice Abete - non gli insulti al nostro ritorno. Sarebbero gratuiti, ma se arriveranno, li prenderemo. Se poi qualcuno è felice per questa brutta figura, ha la mia solidarietà umana. Io preferisco stare col 99 per cento di italiani tristi». Il passato per Abete è già alle spalle e la parola d'ordine è «Ripartire». da Prandelli ovviamente, cercando di dimenticare alla svelta questa enorme delusione calcistica. «Sì e abbiamo l'obbligo di farlo. Non solo per noi, ma per il peso che il calcio ha nel nostro paese, per la passione di milioni di tifosi». E lo farà da Prandelli che verrà presentato il prossimo 1 luglio. «Dobbiamo guardare in faccia la realtà e vi pregherei di dare il massimo sostegno a Prandelli perchè ha assunto un impegno importante, gravoso, di grande spessore e siamo tutti consapevoli delle difficoltà che comporta essere ct. Bisogna essere critici, ma anche solidali. Abbiamo scelto Prandelli non per il suo carattere, ma per le sue qualità e per la capacità di lavorare con i giovani».   Getta una ciambella di salvataggio alla ciurma di disperati, ancora con la faccia intontita di chi ha preso una sberla all'improvviso: ormai in preda alle rapide del fiume azzurro che li riporterà mestamente in patria. «Ho parlato con Lippi. E a lungo con Buffon. Resterò sempre grato al tecnico, ne mi pento di averlo richiamato. Me ne assumo la responsabilità e preferisco prendermi qualche insulto di troppo, piuttosto che rinnegare i rapporti personali: andrò a rivedere quanti erano d'accordo e quanti contrari, due anni fa». E non provate a dirgli che Lippi è stato abbandonato, o che forse l'accordo con Prandelli si poteva ufficializzare dopo l'avventura mondiale: ha una spiega anche per quello. «Non credo che il ct abbia sopravvalutato questa squadra e non è stato lasciato solo, ne ha pesato l'annuncio anticipato del nuovo ct: visto che Lippi aveva deciso di andare via, ditemi voi quale sarebbe stata l'alternativa, scegliere dopo il Mondiale un tecnico senza contratto e presumibilmente di seconda fascia? Lippi ora si è assunto tutte le responsabilità, ma non deve essere un alibi per nessuno».   Poi prova a spalmare le colpe in giro per l'Italia. «I club devono capire che questo Mondiale è un danno per la nazionale, ma lo è anche per tutto il calcio italiano: non c'è successo del nostro calcio senza il punto di riferimento della nazionale. C'è una crisi di competitività della nazionale, e non solo contro la Slovacchia in quel primo tempo stupefacente durante il quale e non sapevo davvero cosa dire. Non abbiamo mai vinto nel 2010, abbiamo faticato nelle qualificazioni, ricordate Cipro? Eravamo usciti da Euro 2008, la nostra Under 21 fatica a qualificarsi all'Europeo contro Galles, Ungheria e Bosnia...». Tutto vero, tutto giusto... ma quello che doveva agire per cambiare qualcosa non era lui!?  

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