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Lega alla Secessione Mondiale

A sinistra il leader della Lega Umberto Bossi

Bossi: mi scuso con la Nazionale

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  {{IMG_SX}}"Tanto la partita se la comprano: vedrete che al prossimo campionato ci saranno due o tre calciatori slovacchi che giocano nelle squadre italiane". L'Umberto è furioso. Spara a zero e, proprio nel giorno in cui il presidente della Camera Gianfranco Fini aggiunge ulteriori tasselli alla sua battaglia contro la Padania, il leader della Lega se la prende con la Nazionale di Lippi che domani sarà impegnata in una decisiva partita contro gli slovacchi. In altre parole, gli Azzurri, secondo il Senatùr, andranno agli ottavi comperando la partita che giocheranno contro la squadra del capitano Hamsik. Una sparata tipica dei comizi leghisti. Quelli caratterizzati da frasi a effetto, meglio ancora se taglienti, che, necessariamente, devono creare scompiglio e alimentare polemiche. Quello stesso stile che il Carroccio, per esempio, ha utilizzato domenica quando dal palco di Pontida ha alimentato il coro «Secessione, secessione». Oppure quello utilizzato ieri quando Bossi non ha avuto alcun problema a minacciare Fini di avere «grosso modo dieci milioni di persone disposte a battersi per la Padania». Quindi, per completare l'opera, non restava che infangare la reputazione della nazionale e continuare lungo la strada già tracciata prima da Renzo, il figlio del Senatùr, che non ha avuto dubbi a dichiarare di non tifare Italia e poi dal centrocampista della Juventus, Claudio Marchisio, che, durante l'Inno intonato dai calciatori a un'amichevole premondiale, sembra essersi lasciato scappare il tipico motto leghista: «Roma ladrona». La tensione e i toni sono dunque alle stelle tanto che la frase di Bossi sulla nazionale è solamente la punta di un iceberg se paragonata alle dure battute che ieri il Senatùr e Fini si sono scambiati. E così se il presidente della Camera declassa la Padania a mera invenzione propagandistica («una favola»), l'Umberto risponde minacciando di inforcare i fucili pur di difendere la propria Terra. E se Fini poi assicura di andare più spesso al Nord, Bossi assicura di non essere lì ad aspettarlo e tuona: «Io non vado ad accogliere uno che spara a zero contro di noi. Ha le gambe e la capacità di prendere il treno da solo, faccia da solo». In fondo, ha concluso il Senatùr: «Quella contro la Padania è una polemica che non fa bene alla salute di Fini perché è difficile che lui prenda i voti dalla nostra parte. Dica quello che vuole: tanto i voti ce li lascia tutti a noi». Così, quella chiacchierata amichevole in Transatlantico tra il co-fondatore del Pdl e il leghista di giovedì scorso, sembra essere diventata un ricordo lontano tanto che, dopo il battibecco di ieri, il registro tra i due è tornato ad essere infuocato. Un clima teso che trova conferme anche leggendo le dichiarazioni a caldo dei vertici del partito del Sole delle Alpi tutti a stracciarsi le vesti pur di dar man forte al Capo. Tra questi il ministro Calderoli («Noi lavoriamo a mille per il federalismo, mentre altri si dedicano alla filosofia...»), il presidente del Veneto Luca Zaia («Se la Padania è un'invenzione allora lo sono anche il Sud e la questione meridionale») e il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota: «Fini può dire quello che vuole, ma la Padania esiste. È sempre esistita nella storia; esiste nella realtà socio-economica e la controprova sono i nostri consensi, che aumentano sempre di più». E mentre la maggioranza cerca di non alimentare polemiche evitando di rilasciare dichiarazioni, il centrosinistra si affida all'ex ministro dello Sport, la democratica Giovanna Melandri: «Bossi ha perso l'ennesima occasione per tacere. Si deve rassegnare al fatto che la Padania non è tra la squadre che partecipano al Campionato del mondo. Soprattutto, la smetta di giocare sporco con gli Azzurri e ci lasci vedere in pace le partite della nazionale».

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