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Gianfranco Fini

Il Cav: basta provocazioni

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C'è stato un rigurgito leghista. Un rigurgito che allarma Gianfranco Fini. Prima le battutine su Radiopadania, il tifo contro la nazionale di calcio. E poi il ben più serio week end di sparate, il riaffiorare della parola secessione, il continuo alzare i toni in un momento più che cruciale su tutti i fronti. Prima la Manovra, che Fini e i finiani considerano di «marca nordista», «vessatoria» nei confronti, per esempio, del pubblico impiego. E ora i decreti sul federalismo che stanno per essere varati visto che prima della fine del mese il ministro dell'Economia deve presentare i piani dei costi. Insomma, abbastanza per far scattare l'allarme dalle parti del piano nobile di Montecitorio. Dove, peraltro, sono tutti ben consci che anche Silvio Berlusconi comincia ad avvertire una sempre maggiore insoddisfazione nei confronti dell'asse Bossi-Tremonti-Calderoli che ormai gli ha imposto una manovra che non ama. Basta leggere tra le righe le parole che usa il braccio destro del Cavaliere, Gianni Letta, sempre così restìo a parlare in pubblico, su Alemanno (e Tremonti): «Con la stessa agilità con cui si arrampica sulle rocce, il sindaco Alemanno sa muoversi tra i numeri e sa governare il ministro dell'Economia, da cui riesce sempre ad ottenere quello che vuole con la sua tenacia e caparbietà». C'è di più. In serata, all'uscita dalla cena di Arcore tra Bossi e Berlusconi, i leghisti si affrettano a far sapere che è tutto ok. Ma nessuno commenta le parole di Fini: in altri tempi, se ci fosse stata la sponda di Berlusconi, avrebbero risposto per le rime. È dunque in questo contesto che vanno lette le parole di Fini che di eccessivo asse nordista parlò nella famosa direzione nazionale del 22 aprile scorso. «La Padania non è mai esistita, non esiste. La Padania è solo un'invenzione propagandistico-lessicale», dice ora in un convegno di Farefuturo. E, infatti, spiega il presidente della Camera, «l'Italia richiama qualche secolo di storia, al Nord il Cadore e la provincia di Rovigo rappresentano due identità non comparabili tra di loro. Ed espressioni come, appunto, Padania, rappresentano abili tentativi di far percepire una identità diversa da quella nazionale». Il compito della cultura politica, ci tiene poi a precisare, «è contrastare in modo molto netto queste invenzioni, con una azione di contrasto di carattere pedagogico-culturale-politico su cosa si intenda per nazione». Altra battuta salace è nel raffronto con il Belgio dove si va verso non un federalismo ma un'autentica separazione. «La Lega Nord si diverte a fare provocazioni - aggiunge Fini - non è concepibile proporre in Italia una separazione analoga a quella che viene richiesta in Belgio». Ma che il clima con Berlusconi sia diverso lo si evince anche da quello che Fini (in partenza per un viaggio in Israele e Cisgiordania), dice a un giornale di Gerusalemme. Il cofondatore del Pdl ridimensiona lo scontro con il Cavaliere e assicura che seppure «delle divergenze e dei conflitti ci sono», se c'è «la volontà, si possono superare». I due non si incontreranno a breve visto che Fini volerà oggi in Medio Oriente mentre Berlusconi si prepara a un lungo viaggio tra G8 e G20 in Canada e poi una tappa e un'altra a Panama. Ormai un faccia a faccia tra i due cofondatori del Pdl è nell'aria sebbene una settimana nella politica italiana sia un'era geologica.

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