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Ma l'Italia moderna non è nata su un principio di libertà

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Sipuò celebrare qualcosa senza conoscerla? Sì, si può. Solo che lo si fa male. Le celebrazioni dell'unità d'Italia, dell'unità politica d'Italia (la nazione italiana era «una» molto prima di diventare Stato) sono generalmente caratterizzate da una dose di retorica che, ad alcuni, può sembrare eccessiva. Forse perché l'unità d'Italia non è un valore? Tutt'altro. Piuttosto perché si continua a far finta che i Savoia ed i liberali abbiano regalato al Bel Paese il regno della libertà e della costituzione. Le cose non stanno esattamente così e la Lega, col suo comportamento irrituale, lo ricorda spesso. Il 2 giugno tutti a Roma. E invece il ministro Maroni va a Varese. Scandalo? Per la mentalità risorgimentale sì. Sia detto senza polemica, ma il pensiero che ha fatto l'Italia unita è costitutivamente un pensiero totalitario. Nel senso che esclude per principio la pluralità, la diversità, la ricchezze delle autonomie e delle tradizioni locali. Alcuni dei «padri della patria» lo affermano con molta chiarezza. Ecco cosa sostiene, per esempio, lo storico massone Giuseppe La Farina. Nel 1852, nella sua Storia d'Italia, La Farina scrive: «L'Italia, avvegnacché si trovi politicamente divisa ed insmembrata, nondimeno moralmente è una, sì che gli ordini federali non le sono necessari, anzi le potrebbero essere di grave pregiudizio la federazione, invece di avvicinarci, ci discosterebbe dall'unità le libertà municipali sarebbero inciampo, sviamento, ostacolo allo spirito nazionale». Quando La Farina scrive, l'Italia è certamente moralmente una perché è da quasi due millenni capillarmente cattolica. L'Italia, la nazione dalle cento città, la nazione dal patrimonio culturale e religioso unico al mondo, la nazione che ha al suo centro Roma, città universale per eccellenza, è anche la patria di una scoppiettante vitalità culturale, economica e tradizionale, legata alle caratteristiche delle tante regioni e delle tante città. L'Italia, che con Roma ha sempre guardato al mondo, è stata anche il luogo delle autonomie locali e della diversità. L'Italia è stata il luogo della libertà. La Farina, al contrario, combattendo frontalmente la tradizione culturale e religiosa cattolica, persegue la costituzione di uno stato che elimini le «libertà Municipali»: «Le nazioni moralmente unite – specifica – possono ordinarsi in unico stato, senza passare per gli ordinamenti intermedi delle leghe e delle federazioni». Quanti sono i liberal-massoni che condividono il pensiero di La Farina? L'un per cento scarso della popolazione. Eppure lo storico siciliano è convinto che il suo sia l'unico pensiero di cui tener conto. Confondendo la parte per il tutto, scrive che l'Italia, essendo moralmente una (ovvero massonica), non deve passare per un ordinamento federale che l'allontanerebbe dall'unità. Non c'è dubbio che gli italiani, lasciati a sé stessi, avrebbero continuato ad essere cattolici, cioè pluralisti. Ma, volendo farli nuovi, bisognava imporre loro una ferrea omogeneità e formare «gli animi alla uniformità della libertà». Al di là del divario economico che separa nord e sud, che il risorgimento ha certamente originato, la vera questione italiana è quella cattolica. Abbiamo dimenticato, o meglio ci hanno insegnato, che la chiesa ha sempre combattuto la libertà. È vero l'esatto contrario. Il 2 giugno tutti a Roma. Ma Maroni festeggia a Varese. E allora?

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