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Tonino e il "vizio" delle case

Antonio Di Pietro

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Finire nel tritacarne mediatico non fa piacere. Vedere il proprio nome sbattuto in prima pagina, leggere le interviste ai soliti «puri» che spiegano quanto fai schifo, doversi difendere dalle mail dei propri elettori che si sentono irrimediabilmente traditi. Se poi la scoperta arriva quando ti avvii a festeggiare i 60 anni e ne hai trascorsi buona parte facendo il magistrato, le cose si complicano. E così Antonio Di Pietro, da quando il suo nome è stato associato a quelli di Diego Anemone e Angelo Balducci, si agita a più non posso. Tutte menzogne, ripete quasi fosse un disco rotto, «raccontate con l'unico obiettivo di screditare me e l'Italia dei Valori, ci sono dei mandanti ben precisi. Ne conosco nomi e cognomi e se avessi le prove li avrei già denunciati». Insomma, basta nominarlo ed ecco che Tonino, prontamente, agita lo spettro del complotto. Non solo, ma se la prende addirittura con i giornali. Sì, proprio lui, che quando Silvio Berlusconi attacca la stampa, si straccia le vesti e scende in piazza a difesa della libertà d'informazione. Ad essere cattivi si potrebbe pensare che il leader dell'Idv voglia decidere cosa devono scrivere o non scrivere i giornalisti. Fatto sta che ieri, il leader dell'Idv, mentre preparava una querela per diffamazione e calunnia, ha spiegato per filo e per segno sul proprio blog la sua versione dei fatti. Primo punto: le notizie false sono state «dettate» ai direttori dei quotidiani dalle «lobby» che vogliono ostacolare la politica di Idv. Quindi, «se l'informazione dei quotidiani nazionali finanziata dai contribuenti per mano dei politici, è di così bassa lega, allora così come per il canone Rai, non vale la pena pagare un solo cent né per stamparli, né per comprarli». Insomma, l'analisi è semplice e lineare: «Se la notizia è palesemente falsa e ad essa si dedicano pagine, approfondimenti e commenti da parte di politici condannati in via definitiva la responsabilità va ricondotta sia a chi dirige questi giornali, sia a chi dirige i direttori dei giornali. E mi riferisco ai consigli d'amministrazione che rappresentano aziende e gruppi di potere in palese conflitto di interessi con la libertà di informazione. In Italia l'informazione viene decisa dalle lobby e pagata in parte, con l'ammirevole eccezione di qualche quotidiano tra cui Il Fatto quotidiano, dalle tasse dei cittadini». Ora Tonino si sarà sicuramente dimenticato che anche Il Fatto quotidiano, nell'edizione di giovedì, titolava a tutta pagina: «Di Pietro, spiegaci tutto». Che non è proprio un commento innocentista, piuttosto un ragionevole dubbio. Segno evidente che i giornalisti liberi diretti da Antonio Padellaro, quando Angelo Zampolini ha fatto il nome del leader Idv, si sono posti qualche domanda. Come tutti gli altri. In fondo è stato Michele Santoro, non più tardi di due settimane fa, ad attaccare durante Annozero l'«Italia dei valori immobiliari» ricordando a tutti un vizietto che Di Pietro ha coltivato con un certo impegno negli ultimi anni: comprare case. Nulla di penalmente rilevante, ma la letteratura in materia è piuttosto ampia. Si comincia nel febbraio-marzo 2003 quando l'ex pm spende oltre un milione di euro. Lo shopping consiste in: un attico di 173 metri quadrati per il figlio Cristiano a Montenero di Bisaccia e un quarto piano di 190 mq in un palazzetto liberty a Bergamo. Il tutto mentre la moglie comprava, sempre a Bergamo e sempre al quarto piano, un appartamentino di 48 mq più due cantine e un garage. Ma le vere operazioni immobiliari vengono fatte dalla Antocri una società con un socio unico: Tonino. È l'Antocri, infatti, che nel 2003 riesce ad acquistare due grandi appartamenti a Milano (via Felice Casati) e Roma (via principe Eugenio). Il padrone di casa Di Pietro decide di affittare i due uffici. A chi? All'Italia dei Valori che trasferisce le proprie sedi. Così l'ex pm, grazie all'affitto del suo partito, si paga il mutuo. Ma non è finita qui. Alla vigilia del Natale 2005 la moglie del leader dell'Idv acquista un piccolo appartamento a Bergamo assieme ad un ufficio di quattro vani. Il tutto nella stessa palazzina in via del Pradello. Anche se l'affare che ha sempre colpito l'attenzione dei biografi di Tonino è quello che riguarda un appartamento nella stessa città, a via Locatelli. L'acquisto colpisce perché a giocare un ruolo fondamentale è tale Claudio Belotti, padre del figlio di Silvana Mura e amministratore dell'Antocri. Cioè proprio l'uomo cui è intestato il contratto d'affitto dell'appartamento dove abita Mura in via della Quattro Fontane. Uno dei due di cui ha parlato Zampolini. Ebbene a Bergamo Belotti fallì al primo tentativo e non riuscì ad aggiudicarsi l'appartamento all'asta. Fece ricorso e riuscì a farsi riammettere alla gara. Per una coincidenza chi si era aggiudicato lo stabile non si presentò e Belotti vinse. Ma, il giorno in cui bisognava stipulare il contratto davanti al notaio non si andò lui, bensì Antonio Di Pietro. E poi uno non dovrebbe avere dei dubbi.

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