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Teneva in piedi i contatti tra capoclan e gregari, manteneva vivi i collegamenti con gli altri gruppi camorristici e custodiva il denaro del clan.

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Sono14 le ordinanze di custodia cautelare notificate in carcere nei confronti di capi e gregari del clan, mentre sono stati sequestrati beni per decine di milioni di euro. Ammontano invece a 150 milioni di euro i beni sequestrati dalla polizia al clan Puca di Sant'Antimo (Napoli). Ma nelle pieghe dell'ordinanza c'è spazio anche per una polemica con il governo sulle possibili nuove norme restrittive sulle intercettazioni. I magistrati hanno infatti potuto utilizzare anche le intercettazioni dei difensori, che sarebbero vietate ma non in queto caso in quanto integravano una notizia di reato. «In caso contrario – dicono i magistrati della Dda – si introdurrebbe nel sistema una sorta di copertura inviolabile per una categoria di soggetti che il sistema costituzionale non potrebbe consentire e che, del resto, non consente a nessun cittadino». In pratica se quelle intercettazioni tra l'avvocato e i membri del clan non fossero state permesse non ci sarebbero stati neppure gli arresti. Viva soddisfazione è stata comunque espressa dai ministri Alfano e Maroni nei confronti della «squadra dello Stato» che ha bloccato pericolosi malavitosi e tolto loro ingenti beni. I destinatari delle 14 ordinanze - tra cui figura anche Francesco Bidognetti, detto «Cicciotto 'e mezzanotte» - sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, subornazione, induzione a non rendere dichiarazioni all'autorità giudiziaria, riciclaggio e intestazione fittizia di beni, con l'aggravante del metodo mafioso. Il legale di Bidognetti è stato arrestato nella propria abitazione e gli elementi d'accusa nei suoi confronti si basano su intercettazioni ambientali e telefoniche e su dichiarazioni di collaboratori di giustizia. D'Aniello, nel 2008, firmò l'istanza con la quale Bidognetti e il superlatitante Antonio Iovine chiesero il trasferimento a Roma del processo a loro carico per «legittimo sospetto». I due boss rivolsero accuse all'ex pm della Dda Raffaele Cantone, colpevole - a loro dire - di aver condizionato le dichiarazioni accusatorie dei pentiti. Roberto Saviano e la giornalista Rosaria Capacchione vennero invece ritenuti «colpevoli» di aver sostenuto con i loro articoli (che denunciavano, tra l'altro, il sistema di collusioni con ambienti istituzionali) la strategia della procura. Alcuni passaggi dell'istanza furono letti il 13 marzo 2008 nell'aula bunker di Poggioreale, a Napoli, dove si stava celebrando il processo «Spartacus». Per intercettare le conversazioni tra D'Aniello e Bidognetti, cimici sono state installate nella sala colloqui del carcere dell'Aquila e nelle sale da cui il boss si collegava in videoconferenza con i giudici per le udienze.

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