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Più poltrone per tutti

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Altro che tagli alla politica. Al deputato la poltrona piace tenersela bella stretta. Meglio doppia. Se non addirittura tripla. Basterebbe guardare cosa è accaduto ieri nella giutna delle elezioni della Camera. L'organismo doveva esprimersi sull'incompatibilità di nove deputati che, in occasione delle ultime regionali, sono diventati presidenti, vicepresidenti, assessori o semplicemente consiglieri. Nulla di fatto, la decisione è stata rinviata. E così i deputati dalla «poltrona facile» continueranno per un altro po' a cumulare compensi. E non si tratta di cifre da poco. Un deputato percepisce infatti un'indennità intorno ai 14mila euro, cui possono sommarsi 10mila euro in caso venga eletto governatoro, circa 4.000 se si tratta di un ministro, fino a 3.000 per i sottosegretari, 8-9mila per i consiglieri regionali. E chi più ne ha più ne metta. Chi sono i fortunati? Ad aprire la lista ci sono due nomi noti della politica nazionale. Il leghista Roberto Cota, fresco di elezione a governatore del Piemonte, e Mara Carfagna. Con la sua elezione a consigliere regionale in Campania (è stata la più votata d'Italia con oltre 55mila preferenze) la giovane ministra tocca addirittura quota 3 poltrone. È nello stesso tempo deputata, titolare del dicastero delle Pari Opportunità e, per l'appunto, consigliere regionale. La somma approssimativa delle indennità parla di quasi 30mila euro al mese. Niente male come stipendio. Ma Carfagna non è l'unica donna della lista. Con lei c'è un'altra consigliera-deputata campana: Alessandra Mussolini. E la lista prosegue con Sandro Biasotti (deputato Pdl e consigliere in Liguria), Gianluca Buonanno (deputato-consigliere leghista in Piemonte), Edoardo Rixi (Lega, Veneto), Marino Zorzato (vicepresidente Pdl della Regione Veneto), Roberto Rosso (vicepresidente Pdl della Regione Piemonte) e Marcello Taglialatela (assessore Pdl all'urbanistica in Campania). Chiude la lista Domenico Zinzi (Udc), appena dimessosi da presidente della provincia di Caserta dove era stato eletto lo scorso marzo. Ma ha tutto il tempo per tornare al suo posto. Insomma tutti sono formalmente incompatibili, ma tutti restano al loro posto. Almeno per ora. In verità quello della doppia-poltrona è un problema vecchio del Parlamento italiano. Anche nel 2009 si pose il problema. Molti deputati, infatti, si candidarono alle elezioni provinciali e comunali. Per un po' si disse che avrebbero dovuto dimettersi, ma sono ancora lì. Antonello Iannarilli (Pdl), ad esempio, si divide tra il seggio parlamentare e la poltrona di presidente della provincia di Frosinone. E così continuano a fare Daniele Molgora (sottosegretario leghista e presidente della provincia di Brescia), Roberto Simonetti (Lega, presidente della provincia di Biella), Antonio Pepe (Pdl, Foggia), Maria Teresa Armosino (Pdl, Asti), Luigi Cesaro (Pdl, Napoli), Edmondo Cirielli (Pdl, Salerno), Ettore Pirovano (Lega, Bergamo). Nutrita anche la pattuglia di sindaci e vicesindaci. Su tutti spicca il sindaco pidiellino di Brescia Antonio Paroli. E poi Nicolò Cristaldi (Pdl, sindaco di Mazara del Vallo), Giulio Marini (Pdl, sindaco di Viterbo), Marco Zacchera (Pdl, sindaco di Verbania), Monica Faenzi (Pdl, sindaco di Castiglione della Pescaia), Raffaele Stancanelli (Pdl, vicepresidente della Regione Sicilia, sindaco di Catania), Vincenzo Nespoli (Pdl, sindaco di Afragola), Riccardo De Corato (Pdl, vicesindaco di Milano) e Mauro Cutrufo (Pdl, vicesindaco di Roma). C'è anche chi, come il viceministro alle Infrastrutture Roberto Castelli, sconfitto nella corsa a sindaco di Lecco, ha comunque deciso di rimanere in consiglio comunale. Mentre Altero Matteoli, senatore, ministro delle Infrastrutture e sindaco di Orbetello, ha fatto sapere da tempo di aver rinunciato all'indennità da primo cittadino. Almeno lui la poltrona se la tiene gratis.

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