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"Gelmini rompicoglioni" Ecco il progetto del Pd

Pier Luigi Bersani

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Mariastella Gelmini è una rompicoglioni. La sintesi è brutale, ma il concetto espresso da Pier Luigi Bersani a conclusione della «due giorni» di Assemblea nazionale del Pd è questo. «Io sono per fare uscire da questa assemblea una figura eroica, i veri eroi moderni - ha detto il segretario parlando alla platea riunita nel padiglione 1 della Nuova fiera di Roma -, gli insegnanti che inseguono il disagio sociale in periferia, lottano contro la dispersione mentre la Gelmini gli rompe i coglioni». Non è un granché come contenuto politico. Sicuramente non è il modo migliore per inaugurare il «cambio di passo» democratico e costruire l'alternativa a Berlusconi. Anche perché, fino a ieri, era proprio Silvio il cattivo. Quello che, nella campagna elettorale del 2006, aveva usato il termine proibito: coglioni. Era il 4 aprile e l'allora premier uscente parlava davanti alla platea di Confcommercio. Lo stenografico, consegnato agli onori della storia, fu questo: «Ho troppo stima per l'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare contro i loro interessi». Apriti cielo. Romano Prodi parlò di «disprezzo non solo per i leader, ma per tutta la gente e per il popolo». Clemente Mastella, che ai tempi militava nell'Unione, bollò le parole del Cav come «autolesionismo di chi è disperato e non sa che dire». «Rimarrà solo con i suoi improperi che non meritano risposta» (Francesco Rutelli). «Semmai è da coglioni credere all'abolizione, dall'oggi al domani, dell'Ici sulla prima casa» (Emma Bonino). E via così. Gli scandalizzati commenti del centrosinistra però, dimenticavano che, qualche giorno prima lo stesso Prodi aveva bollato come «delinquenza politica» la campagna del centrodestra contro le proposte fiscali dell'Unione e aveva apostrofato con un «questo è matto» («un'espressione assolutamente confidenziale» spiegò) un suo ascoltatore. Fatto sta che, il giorno dopo, Berlusconi si corresse. Trasformando i «coglioni» in un più politicamente corretto «masochisti». Evidentemente, anche lui si rese conto di aver superato il livello di guardia. Bersani, invece, no. Non chiede scusa per le sue frasi e non corregge il tiro. Forse soffre di un complesso di inferiorità nei confronti di Antonio Di Pietro che, negli ultimi due anni, ha attaccato Berlusconi definendolo, tra le altre cose: «corruttore», «piduista», «abusivo», affetto da «delirio senile o onnipotenza», «dittatore al tramonto», «falsario», «baro». Mai, però, «rompicoglioni». O, più probabilmente, Bersani voleva smentire Walter Veltroni che due giorni fa, intervistato dal Fatto, parlava del «trionfo dell'Italia dell'odio», di un «Paese sull'orlo di una crisi di nervi». Quanto a nervosismo, pure il Pd non se la passa male.

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