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Santoro fa la vittima con 10 milioni in tasca

Michele Santoro

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Per un momento sembrava di essere tornati ai tempi d'oro del «ridatemi il mio microfono», quel grido veemente, che però tradiva un leggero tremore di rabbia repressa, che sancì il suo rientro dall'esilio «dorato» a Bruxelles. Ieri sera Michele (chi?) Santoro, già entrato nella storia come il nababbo di Annozero, con lo sguardo fisso alla telecamera e il tono grave dei grandi momenti, ha arringato il «suo» pubblico in un'appassionata difesa di sé. In realtà s'è consumato uno psicodramma. Michele non ci sta a farsi sbertucciare da chicchessìa per via dei 10 milioni che i vertici della Rai sarebbero disposti a dargli pur di mandarlo a casa (o quasi). Esprime grosso rammarico soprattutto per il «suo» popolo quello che si esalta per tutte le sue battaglie e che ora si sente tradito dal proprio guru catodico.   In fondo lui questa transazione ancora non l'ha firmata. Ed è pronto a non farlo. «Se volete che rimanga chiedetemelo, ma Annozero deve essere considerato la perla del servizio pubblico» precisa. «Se mi considerate un estraneo, allora arrivederci e grazie». Trenta anni di battaglie (accipicchia! È passato così tanto tempo!) «non possono essere cancellati e il mio pubblico capirà». E dunque cari «Bersani, Zavoli e quant'altri pensate che questo prodotto non sia un'espressione del servizio di pubblico lasciateci liberi, firmate l'accordo, che finalmente da fuori posso fare qualcosa». La polemica è dura: non ci sta Santoro a farsi impallinare dai suoi: «Annozero non è un prodotto proibito e scabroso del servizio pubblico». Insomma lui gli sbatte la porta in faccia non prima, però, di aver preso il malloppo. Per poter «recuperare quel respiro di libertà che c'era in Rai per una notte» e non fare la fine del generale Custer «vittima di amici e nemici».   Lui gli attributi c'è l'ha, lui è un outsider, un professionista di razza. «Quale giornalista della Rai, di Repubblica o del Corriere della Sera avrebbe mandato in onda una puntata con Patrizia D'Addario con una diffida arrivata dieci minuti prima sul suo tavolo?». E ancora «Si sono messi a parlare dei miei compensi perché sono l'unico di cui lo stipendio è noto». Ma scusate, quante ne ha passate Michele Santoro tra epurazioni bulgare e tutto il resto? C'è spazio, infatti, pure per ricordare la lunga vicenda giudiziaria «Sono qui non perché voluto ma perché lo ha deciso un giudice» e per i rimpianti: «Avrei voluto riportare in Rai Guzzanti e Luttazzi, e anche Biagi, e adesso altri ancora sono privati del diritto di espressione». La difesa è a tutto campo. «Non mi sono affatto arreso a Berlusconi». E «con quei cialtroni del Pd che hanno detto che io mi sono venduto a Berlusconi, con quelli non vale la pena nemmeno di prendere un caffè». Tantomeno s'è fatto comprare a peso d'oro: che volgarità quelle «denigrazioni ipocrite»! E infatti gli tocca pure «prendere lezioni perfino da Bruno Vespa, veramente il massimo che possa fare lezioni di morale e di contratti, lui che viene pagato come l'ultimo premio oscar per fare un programma in crisi». Senza dimenticare il fatto che con Annozero: «la Rai ha realizzato grandissimi profitti». E sapete cosa succedeva mentre la Rai incassava questi profitti? «Contratti bloccati, punizioni, regole e regolamenti». Inosmma nessuno deve permettersi di alzare il dito contro di lui. «Gli unici ad avere sicuramente ragione sono gli spettatori, perché un programma come il nostro non crea partito, ma crea comunità in cui si investono passioni, dialoghi».   Inguaribile istrione. C'è il tempo poi in questi eterni venti minuti di monologo, per una piccola lezione sulla televisione che, però, ha un suono lugubre. «Non è un frigo, è un'estensione del cervello, qualcosa che ci serve per interpretare la realtà. Se qualcosa ci viene tolto, lo spettatore si incazza. Un autore televisivo deve vedere dove vanno i gusti dei suoi spettatori, ed è portato sempre a cambiare. Quando lui torna ecco che gli spettatori lo giudicano, e possono dire ecco valeva la pena, possiamo applaudire di nuovo». Stava parlando di lui, naturalmente. Natalia Poggi

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