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Parla l'autista di Balducci: "Non so nulla dei suoi affari"

Angelo Balducci

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«Non so nulla degli affari di Balducci né ho mai partecipato ai suoi incontri riservati». Armando Coppi, il fidato autista dell'ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, ha risposto così ai pm di Perugia Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi che indagano sulla cricca degli appalti e che gli chiedevano di fare luce sulle attività di quello che assieme a Diego Anemone viene considerato uno dei punti cardine dell'inchiesta. E la sua è una versione che si discosta di poco da quella di Giuseppe Macchia, il dipendente del Salaria Sport Village sentito nei giorni scorsi. «Non ho mai saputo nulla delle attività illecite di Balducci», aveva messo a verbale Macchia. A fare i nomi dei due era stato il tunisino Hidri Fathi, autista e factotum di Balducci: «Balducci - afferma Fathi davanti ai pm - aveva come persone di sua fiducia oltre a me, Armando Coppi, che faceva e fa l'autista presso il ministero, e Giuseppe Macchia, il quale era un impiegato del provveditorato, che ad un certo punto fu collocato presso il Salaria sport village e poi allontanato dagli Anemone». Sia la testimonianza di Coppi che di Macchia, però, non avrebbero convinto gli inquirenti, certi che soprattutto il primo sappia molto di più di quello che ha riferito. Non a caso, nelle informative e nelle intercettazioni dei carabinieri del Ros, tra l'altro, il nome di Coppi compare decine di volte e anche in situazioni molto riservate, come quando è lui stesso a rispondere ai telefoni di Balducci mentre questo si incontra con l'avvocato Azzopardi. Un incontro in cui il legale riferisce a Balducci, secondo l'accusa, lo stato di avanzamento delle indagini grazie alle informazioni ricevute dall'ex procuratore di Roma Achille Toro. Non è escluso dunque che gli investigatori decidano di risentire Coppi nei prossimi giorni, anche alla luce degli esiti delle rogatorie provenienti dall'estero e degli accertamenti che la Guardia di finanza dovrebbe consegnare a breve. Alle otto segnalazioni di operazioni sospette arrivate dalla Banca d'Italia - quelle che riguardano Pierfrancesco Gagliardi, don Evaldo Biasini, Antonello Colosimo, Valerio Carducci, Dino e Luciano Anemone, Alida Lucci, Stefano Gazzani e Bruno Ciolfi - gli inquirenti attendono infatti anche le risposte provenienti dalle verifiche bancarie su una quindicina di persone, tra cui il coordinatore del Pdl Denis Verdini, Toro, Balducci e il presunto riciclatore dei fondi neri di Anemone, Angelo Zampolini. Controlli su conti correnti intestati agli indagati o ai loro prestanome sia in Italia sia all'estero. Le rogatorie sono state inoltrate oltre che in Svizzera, anche in Lussemburgo, in Francia, in Belgio e a San Marino, mentre ancora nessuna richiesta sarebbe stata spedita in Vaticano per chiedere allo Ior, dove Balducci ha un conto, di rintracciare somme riconducibili agli indagati.   Il sospetto degli investigatori è che Balducci, Rinaldi ma anche Verdini e Toro abbiano messo al sicuro all'estero ingenti somme di denaro. Qualche risposta importanti gli inquirenti l'attendono anche dall'analisi dei file del computer del commercialista Stefano Gazzani. Un altro capitolo dell'inchiesta riguarda invece la «lista Anemone», che sarà al centro di un incontro tra gli inquirenti perugini e gli investigatori della Gdf nei prossimi giorni.  

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