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L'arma finale è l'intervento della Bce

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Jean-Claude Trichet, presidente Banca Centrale Europea (Bce)

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In Europa regna ancora molta paura. Gli improvvidi rapporti di Moody's, con tanto di toni allarmistici e aspettative nefaste per molti Paesi dell'eurozona, e i timori di un'uscita unilaterale della Germania da eurolandia continuano a circolare. I mercati sono nervosi e ad Atene non è ritornato l'ordine. Diversi mesi fa, quando al precedente Ministro delle Finanze tedesco venne chiesto se intravedeva una luce in fondo al tunnel di un'altra crisi, la risposta fu lapidaria: «Riesco a vedere una luce: è un altro treno che arriva». Eppure da ieri questa rubrica vede di nuovo prospettive di miglioramento. Lo può fare perché la Germania ha ufficialmente deciso di mettere il proprio imponente peso economico e politico sul piatto della bilancia, assumendosi piena responsabilità per la tenuta dell'eurozona e puntando senza indugi alla leadership della UE. È folle credere che i tedeschi possano lasciare l'euro perché esasperati da vicini di casa sotto-performanti. Ed è ingenuo credere che la totalità dei tedeschi veda l'euro come una camicia di forza e rimpianga il marco forte. Storicamente, è pur vero che Inghilterra e Francia pretesero l'ingresso della Germania nell'euro come contropartita per l'unificazione delle due Germanie. È altrettanto vero che i tedeschi «colonizzarono» la Banca Centrale Europea (BCE). Lo fecero innanzitutto diffondendo per ogni dove la dottrina BuBa, dal nome della banca centrale tedesca, la gloriosa Bundesbank. Non è un caso se la lotta all'inflazione è stato per un intero decennio un totem intoccabile e a tratti incomprensibile. Aggiungiamo che, per opportuno presidio del territorio, i tedeschi hanno sempre occupato posti chiave nei board della BCE e non intendono dismettere tali posti neanche nel caso il prossimo presidente della BCE sia il tedesco Axel Weber. La gestione dell'euro è dunque stata sempre pesantemente condizionata dai tedeschi, che hanno beneficiato enormemente dell'area unica, verso cui il volume di scambi negli ultimi anni è cresciuto enormemente. Nonostante alcuni bocconi che la Germania ha dovuto trangugiare in passato (la politica agricola comunitaria voluta dai francesi, il «rebate» preteso e ottenuto dagli inglesi), il saldo netto tra benefici e malefici per Berlino è sempre stato positivo. L'euro poteva essere considerato una camicia di forza nei primissimi anni '90 del secolo scorso. Ma oggi per i tedeschi è un incredibile carro armato, a cui è impossibile rinunciare. Nelle scorse puntate, questo diario della crisi ha elencato uno per uno i motivi - finanziari ma anche politici - per cui dopo intere settimane Atene non ha ancora ricevuto soldi. Queste colonne hanno però anche ricordato che senza Berlino, Atene e l'euro vanno a fondo. Ora che la Merkel ha chiarito la volontà tedesca di intervenire a ogni costo, anche i mercati potranno gradualmente tirare un sospiro di sollievo. Il team di salvataggio non ha tutti i soldi? Poco importa, visto che Berlino è in grado di «convincere» i propri istituti di credito a dare una mano, e a dare l'esempio ad altri governi. Il presidente della Banca centrale europea, Trichet, intervenendo al vertice dell'Eurogruppo, ha messo in guardia i leader: «Attenzione, siamo di fronte ad una crisi sistemica». Come quello italiano, a cui non parrebbe vero poter spingere le banche a contribuire al pacchetto per la Grecia sulla scia del governo tedesco. Cosa accadrebbe se anche l'intervento delle banche private non fosse sufficiente? Molto probabilmente occorrerebbe mettere mano all'«arma finale». Toccherebbe cioè intervenire sullo statuto della BCE o trovare una qualche soluzione tecnica per consentire l'acquisto diretto di debito sovrano da parte della BCE, come scriveva ieri l'autorevole e informatissimo quotidiano economico tedesco Handelsblatt. Finora la BCE è intervenuta erogando denaro fresco agli istituti di credito privati che offrivano in garanzia debito sovrano greco, ma non acquistando direttamente spazzatura. Sarebbe una soluzione molto delicata, perché creerebbe un precedente e non si sa per quanto tempo sarebbe praticabile. E potrebbe essere solo una soluzione temporanea, in attesa che venga creato un apposito fondo specializzato in operazioni di salvataggio.

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