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Un altro giorno di fango per il Pdl

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Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl

Verdini: solo chiasso, non lascio

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Un'altra giornata di fango sul centrodestra. E non sarà l'ultima. Almeno a sentire i rumors dei Palazzi. Tutti si aspettano che sia soltanto l'inizio. Ieri, nello spazio di due ore, è toccato all'ex governatore del Lazio, ora leader de La Destra, Francesco Storace, al segretario del Pdl laziale, il deputato Vincenzo Piso, e a uno dei coordinatori nazionali del partito, Denis Verdini. Sono da poco passate le dieci del mattino quando arriva la sentenza per il Laziogate. Cioè il presunto accesso, avvenuto nel marzo del 2005, al sistema informatizzato dell'anagrafe capitolina per boicottare la lista Alternativa Sociale di Alessandra Mussolini alle elezioni del Lazio. Otto condanne, tra cui quella all'ex presidente della Regione Francesco Storace: un anno e sei mesi di reclusione. Otto mesi per favoreggiamento all'attuale segretario regionale del Pdl, Vincenzo Piso, nei cui confronti invece il pm Francesco Ciardi aveva chiesto l'assoluzione con la formula «perché il fatto non sussiste». Una vicenda giudiziaria che deflagra sulla situazione già complessa del partito laziale con la rivolta interna degli esclusi dalle ultime elezioni e dalla Giunta della neogovernatrice Polverini e le dimissioni del presidente della Provincia di Viterbo, Marcello Meroi, appena eletto. Scosse che seguono la sfida secessionista delle province e le richieste al presidente Berlusconi di commissariare la segreteria romana del partito. Neanche il tempo di raccogliere la solidarietà degli esponenti del centrodestra, che arriva un'altra botta. Uno dei coordinatori nazionali del Pdl, Denis Verdini, indagato dalla procura di Roma. Era già finito nell'inchiesta fiorentina sugli appalti per le cosiddette «Grandi Opere», ora si tratta di un presunto comitato d'affari che si sarebbe occupato, attraverso un meccanismo di appoggi e di promesse finalizzati a favorire alcuni imprenditori, di appalti pubblici, e tra questi i progetti sull'eolico in Sardegna.   Corruzione il reato ipotizzato nei confronti del parlamentare dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dagli aggiunti Rodolfo Sabelli e Ilaria Calò. È cominciato un pomeriggio di nuove tensioni, con Verdini deciso nel denunciare quella che ritiene una «continua e sistematica» violazione del segreto istruttorio, con un sistema di «giustizia mediatica», un modo per colpire con lo «sputtanamento» chiunque abbia la sfortuna di finire nelle maglie della giustizia. Nel registro degli indagati, oltre a Verdini, sono stati iscritti, tutti per concorso in corruzione, altre cinque persone. Le indagini riguardano diversi episodi corruttivi ai danni della pubblica amministrazione, non solo per appalti in Sardegna, ma anche in altre zone d'Italia. La svolta nell'inchiesta ci sarebbe stata grazie alle intercettazioni telefoniche compiute dai carabinieri capitolini e nelle quali comparirebbero nomi eccellenti. E proprio questo è il punto. Sale la preoccupazione che di giornate nere per il Pdl ce ne sono all'orizzonte altre. Ma la convinzione prevalente è che non si salverà dal frullatore neppure il Pd, dopo l'avviso di garanzia arrivato all'ex assessore all'Urbanistica della Giunta Veltroni e ora deputato Roberto Morassut. Insomma, il day after delle dimissioni del ministro Scajola non poteva essere più infuocato. Il premier Berlusconi ha incontrato il presidente della Repubblica Napolitano, che gli ha affidato l'interim dello Sviluppo Economico. Peraltro il caso Scajola ha di fatto creato un precedente pericoloso perché espone tutti gli altri eventualmente coinvolti in indagini alla richiesta di dimissioni. Uno scenario che rischia di indebolire il governo. Il presidente della Camera Fini ha messo il carico da undici. Ha precisato che non c'è «nessuna congiura, cioè nessun accanimento dei giudici nei confronti dell'esecutivo (stesso concetto espresso anche dal leader della Lega Bossi). Il ministro Scajola ha ritenuto di dimettersi e va ricordato che non è stato indagato, quindi non diamo vita su queste vicende a inutili polemiche - ha detto Fini - Mi sembra importante invece sottolineare che è dovere di tutti garantire il rispetto della legalità in Italia, perché la legalità è un valore che non può essere in nessun caso considerato di parte e aggiungo che la magistratura è un baluardo di legalità e che si abbia poi il diritto di dire che ci sono state, e ci sono ancora oggi, forme di politicizzazione che nuocciono in primo luogo alla magistratura». La ciliegina sulla torta di una giornata da dimenticare. Un'altra.

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