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Prima grana di Renata a Latina

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Renata Polverini

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Possiamo edulcorare la pillola quanto vogliamo, ma la mossa di Forza Italia nei confronti del sindaco di Latina Zaccheo, esponente di spicco di Alleanza nazionale, ha una sola definizione: ricatto. Politico, s'intende, ma sempre ricatto è. Proprio ciò di cui non si sentiva bisogno nel Lazio, una regione che sta cercando di ricostruire un'identità operativa dopo anni d'immobilismo dovuto alle contrapposizioni e alle contraddizioni del centrosinistra intorno a Marrazzo. Ecco i fatti. Il senatore Claudio Fazzone ha dato ordine ai suoi (14 elementi ex Forza Italia presenti in Consiglio comunale nella Littoria che ha fatto volare la Polverini a via Cristoforo Colombo) di firmare un documento di dimissioni; e per essere sicuro di evitare defezioni nelle prossime ore, non essendo più in uso il patto con il sangue, ha preferito per un più moderno atto notarile. Cambia la procedura, ma la sostanza è la stessa: la messa in mora di Zaccheo. E dieci consiglieri, intercettati nel pomeriggio, hanno già apposto il sigillo. I numeri ora consentono d'immaginare lo scenario di una Latina al voto anticipato: 14 sono le firme già contate, 6 sono quelle del centrosinistra, pronto a prendere la palla al balzo nel momento in cui dal gioco delle parti si passasse all'azione vera. Mancano le 4 firme di riferimento di Fabrizio Cirilli, ex An poi passato ferocemente - anche se sempre nell'alveo del centrodestra, strizzando l'occhio all'Udc - sulla barricata opposta a quella del sindaco. Il totale fa 24, basta e avanza per mandare a casa un Comune che vede la sua massima assise contare 40 consiglieri. I mal di pancia nel centrodestra, ben visibili nelle lotte intestine tra Forza Italia e Alleanza nazionale, sono stati dunque tutt'altro che superati dal voto regionale. Anzi, l'eterna diatriba tra «azzurri» e «neri» che attanaglia un po' tutta la regione ha trovato in Latina la sua cartina di tornasole. Il problema dunque c'è, e si vede. Per la Polverini è la prima spinosa questione politica, proprio nel momento in cui si stanno decidendo posti, organigrammi e incarichi alla Pisana. «Ricatto», dicevamo. Le dimissioni,, non protocollate in Comune ma depositate da un notaio, fanno chiaramente intendere che c'è ancora un «margine di manovra», che vedrà alzare il prezzo di una riconciliazione. Già oggi potrebbe essere consegnato a Zaccheo un documento di «richieste» da esaudire. Ma la lotta fratricida non può passare con un fatto politicamente normale, non foss'altro perché ne va della stabilità di un territorio fondamentale per l'intera regione. Un territorio che ha bisogno di un governo saldo per affrontare, insieme alla Polverini, i nodi riguardanti la mobilità, la sicurezza stradale, l'economia locale, la sanità. Tutte cose che non possono essere realizzate con l'elmetto in testa né tantomeno con i cadaveri (sempre politicamente parlando, s'intende) a terra. Se non si fa rapidamente marcia indietro lo scenario inevitabile, in questo Risiko pontino, è infatti di agguati e imboscate che coinvolgano anche la Provincia (non a caso già ieri mattina è stata avanzata da Alleanza nazionale la richiesta di dimissioni di due assessori), il Comune di Terracina dove c'è chi ha intenzione di mettere in discussione il primo cittadino, e altri enti locali. Nel peggiore dei casi salterebbero tutti gli equilibri di gestione della cosa pubblica e si andrebbe al voto anticipato in più di un'amministrazione; nel migliore, si rallenterebbe la capacità d'intervento delle istituzioni nel tessuto sociale. Prima delle beghe di partito o degli interessi di bottega vengono i problemi dei cittadini. Lo ha detto la Polverini in campagna elettorale, lo vuole la gente.

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