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La solita ipocrisia della sinistra parolaia

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Li abbiamo sentiti parlare per anni di quote rosa e piena rappresentanza dei generi. Hanno accusato la destra di essere misogina. Hanno dipinto il Pdl come una taverna da scaricatori di porto e il premier come Conan il barbaro. Chiuse le urne, scopriamo che la propaganda ha le gambe sempre più corte: il Partito democratico nel consiglio regionale del Lazio è rimasto senza donne. Ai miei occhi di cronista questo è un dato politico incredibile. I democratici non hanno eletto un solo rappresentante del gentil sesso. Altro che progressisti, sono regressisti. Il Pd è per soli uomini. Questo dato conferma quanto penso da tempo: il Pd è un partito nato male, cresciuto peggio e se continua di questo passo avrà il problema di sopravvivere a una classe dirigente capace solo di garantirsi la seggiola. Nel Lazio, seconda regione d'Italia per prodotto interno lordo, non ci sarà neppure una donna democratica in consiglio. Non mi pare un grande balzo in avanti per la civiltà della politica. È una cosa imbarazzante e se fossi il segretario del Pd chiederei qualche spiegazione ai dirigenti locali del partito. Qualcuno dirà che Bersani ha problemi più grandi e, in effetti, quarantanove senatori gli hanno già scritto una lettera per chiedere la resa dei conti nel partito, ma io penso che il Pd senza donne nel Lazio sia qualcosa che meriti la prima pagina. A Berlusconi i democratici hanno rinfacciato di cooptare la classe dirigente, di «nominarla». Stiamo ai fatti: la Regione Lazio sarà governata da un presidente che si chiama Renata Polverini e in consiglio ci saranno altre sette donne. Il Pd invece può vantare questo numero rosa: zero. Il Lazio ha 5.626.710 residenti, secondo l'Istat la popolazione femminile è pari a 2.922.716 unità. Bene, il Pd è riuscito nella magica impresa di non averne neppure una in consiglio regionale. Si tratta di un problema politico drammatico e mi chiedo come dalle parti progressiste si possa restare in silenzio. Al posto delle migliaia di serie e appassionate militanti del Pd avrei un moto di rabbia e chiederei alla dirigenza del partito di farsi da parte. Se non sapevano niente, c'è da chiedersi come possano guidare una formazione politica. Se sapevano, siamo in presenza di uno scippo della rappresentanza. Dopo qualche decennio di lotte femministe, consulte femminili e dipartimenti rosa, il principale partito della sinistra italiana riesce a presentarsi in una regione chiave dello Stivale senza una sola donna. Pazzesco. Chi sarà nel Pd a portare avanti le battaglie per le donne imprenditrici? Chi parlerà a nome delle mamme che tirano la carretta delle famiglie? Chi si prenderà a cuore il futuro delle giovani donne in cerca di occupazione? Uno con la barba e i baffi? Pensavano bastasse Emma Bonino? Gli eletti del Pd a Roma e provincia sono undici, tutti maschietti. Di questi, dieci sono ex assessori o consiglieri uscenti, uno è sponsorizzato dal coordinatore della campagna elettorale. A Frosinone il Pd ha eletto l'ex assessore al Personale della Regione; a Rieti ha preso il seggio un ex consigliere regionale; a Viterbo ha fatto bingo un altro ex assessore regionale; a Latina si è fatto largo un altro ex consigliere regionale. Tutti uomini. Tutti professionisti della politica. Non ho niente contro chi campa di Palazzo, solo che sarebbe stato più opportuno per un partito che si vanta di essere antropologicamente superiore agli altri, avere una rappresentanza un tantino più eterogenea. Invece no. Niente donne, niente società civile, solo quelli che in Unione Sovietica venivano chiamati «apparatchik», funzionari di partito. Le uniche due donne dell'opposizione sono dell'Italia dei Valori, cioè di quell'Antonio Di Pietro che il Pd in privato dipinge come un bifolco. Margherita Hack, eminente astrofisica italiana, candidata nelle liste di Federazione di sinistra, ieri ha anticipato a Il Tempo che non ha nessuna intenzione di colorare di rosa la Pisana. Lei, la più votata con 7.200 voti, ha dato quasi 5 mila voti di scarto al capogruppo di Rifondazione, ma ha 88 anni, è di Firenze, vive a Trieste e francamente possiamo capire la sua intenzione di rinunciare al seggio. Ha fatto da lepre per far posto in consiglio a un altro uomo. Nella lista civica di Emma Bonino, il più votato - e unico eletto - è un altro ex consigliere regionale. E meno male che doveva essere una lista civica, pensate un po' se la chiamavano lista politica che cosa veniva fuori dal cilindro della sinistra. Siamo di fronte all'ipocrisia della sinistra parolaia. Fanno comizi pieni di buoni propositi e vibranti proteste contro «il macho di Arcore», poi scendono dal palco e fanno scelte che mirano solo a proteggere la casta. Altro che partito aperto alla società civile. Il Pdl non ha mai avuto nel suo dna il problema delle quote rosa e a Berlusconi tutto si può imputare, tranne il fatto che non abbia aperto le liste alle donne. Alcune sono nel governo nazionale. Un'altra guiderà la giunta del Lazio. Il Pd le donne ha deciso di rimetterle ai fornelli.  

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