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«Non voleva che nostro figlio fosse coinvolto»

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.L'ho visto anche piangere, ma non pensavo che potesse arrivare a tanto». Giuseppa De Luca, moglie di Pietrino Vanacore, parla a singhiozzo. Martedì, quando i carabinieri della provincia di Taranto le hanno comunicato la morte di suo marito, si è sentita male. Un malore, racconta chi le è stato accanto i primi istanti, da cui ancora non si è ripresa. Con il figlio, che l'ha subito raggiunta a Torricella, dove vive, si è dovuta trasferire. Ora è a casa di parenti, in qualche altro paesino pugliese per sfuggire alle telecamere. «Si sono chiusi, rintanati. Non vogliono alcun contatto con l'esterno», racconta chi li ha visti. Con gli uomini dell'Arma Giuseppa è riuscita a ricostruire solo alcuni dettagli degli ultimi giorni di Vanacore: «In questo periodo non ha manifestato atteggiamenti strani», anche se era giù di morale per la notizia della riapertura del processo. I carabinieri hanno parlato di un uomo «che viveva come qualsiasi pensionato». Il portiere e sua moglie avrebbero dovuto testimoniare domani nell'aula bunker di Rebibbia, a Roma, sull'omicidio di Simonetta Cesaroni, che vede imputato Raniero Busco. Lei, Giuseppa, fa sapere attraverso il suo avvocato che quasi certamente non ci sarà per legittimo impedimento: il lutto. Intanto le indagini proseguono. I carabinieri stanno finendo di interrogare i parenti: «Stiamo parlando con ognuno di loro, ma nulla fa pensare a qualcosa di diverso rispetto al suicidio». Anche la moglie dell'ex portiere di via Poma in qualche modo conferma: «Pietrino - ha detto Giuseppa - non capiva il perché di questa nuova testimonianza. Soprattutto non comprendeva la necessità di coinvolgere nostro figlio».

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