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Processo breve, Fini apre alle modifiche

Gianfranco Fini

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Il processo breve è già migliorato durante l'esame in Senato ma è comunque passibile di ulteriori limature alla Camera e per formulare un giudizio complessivo bisogna aspettare la fine del suo iter. Il giorno dopo il pranzo con il premier Silvio Berlusconi, che ha avuto tra i piatti forti il tema della giustizia, il presidente della Camera Gianfranco Fini torna sull'argomento confermando che uno dei punti dell'intesa raggiunta tra i due è che il testo sul processo breve, quando verrà discusso a Montecitorio dopo le regionali, non sia blindato. «Ora - sottolinea Fini - c'è il secondo round a Montecitorio, ci saranno approfondimenti. Il giudizio va dato solo alla fine dell'iter». Anche e proprio per questo il presidente della Camera avverte, rivolto all'Idv: è inutile tirare per la giacca in questo momento il presidente della Repubblica sull'argomento. «Non si può ipotizzare - attacca la terza carica dello Stato - che mentre il Parlamento lavora il capo dello Stato parli: pensare una cosa del genere significa non conoscere il nostro ordinamento. Non si può chiedergli di diventare un attore politico». Fini ne parla al termine di una lectio magistralis a Tor Vergata dove, alla presenza del presidente della Corte Costituzionale Francesco Amirante, viene inaugurato un master organizzato dalla facoltà di Giurisprudenza e diretto dal costituzionalista Giovanni Guzzetta. Quando viene aperto lo spazio per le domande uno studente chiede al presidente della Camera se ripeterebbe quanto detto da Fabio Fazio e cioè che non avrebbe avvallato il processo breve in assenza di nuovi fondi per la giustizia. Fini lo spiazza sorridendo: «Hai visto Santoro ieri sera?». Poi però passa alla replica: «Rispetto a ciò che dissi da Fazio - spiega - è accaduto qualcosa in più perchè in Finanziaria c'è stato un primo cospicuo stanziamento di risorse per il funzionamento dell'apparato giudiziario in Italia. È un primo passo ma va nella direzione giusta. Ci sono altre questioni che vanno approfondite». In ogni caso ci sono già state al Senato «notevoli modifiche e positive». Il botta e risposta tra Fini e lo studente è, in ogni caso, uno dei pochi passaggi legati alla strettissima attualità nella mattinata del presidente a Tor Vergata. Ed è lui stesso, a testimonianza della pace siglata nel pranzo di ieri, ad ammonire i cronisti ad evitare di leggere "come al solito" le sue parole in chiave di dualismo con il governo e Berlusconi. Un passaggio della sua prolusione è dedicata infatti alla concezione della democrazia. «Alcuni pensano - sottolinea Fini - che la democrazia richieda soltanto la regola aurea della maggioranza; altri, invece, pensano che un sistema democratico si possa definire tale solo se è molto sensibile alla volontà popolare». E qui fa la sua puntualizzazione. «Queste considerazioni - avverte - non c'entrano con il dibattito politico italiano. Qualsiasi cosa venga detta, prima di sentir dire: "Fini ha fatto un nuovo strappo al governo", chiarisco che sono considerazioni fatte in un contesto accademico».

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