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Il tour barese di Bersani è un fallimento

Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani

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BARI Ha il volto tirato Francesco Boccia quando entra nella sala Tridente della Fiera del Levante per l'incontro promosso dai Democratici con il segretario Pier Luigi Bersani. L'espressione dell'economista prodiano descrive in pieno le difficoltà che sta riscontrando nel duello con Nichi Vendola. «Non lo seguiremo sulla strada della corrida» puntualizza dal palco senza crederci troppo. Nella platea c'è qualche poltrona vuota, il clima è tiepido. Solo il vocione del sindaco di Bari, Michele Emiliano, riscalda i cuori dei presenti con attacchi scomposti alla destra. Le primarie pugliesi, a scanso di equivoci, saranno un attendibile test di resistenza per il Pd, soprattutto perché dovrà dimostrare una tenuta organizzativa che vacilla anche nel capoluogo pugliese, dove Bersani ha dovuto fare una "melina" di quasi un'ora perché i dirigenti si adoperassero a riempire un salone da trecento posti a sedere.   «Non parliamo di battaglia, sono primarie»: fin dalle prime battute Bersani ha provato a spegnere i fuochi delle polemiche, divampate dopo le frecciate velenose che Massimo D'Alema ha riservato al leader di Sinistra e libertà. «Saranno un confronto su programmi non una sfida personalistica. Ci sono idee da dirimere. Gli elettori potranno dire la loro». E cittadini-elettori sono anche i militanti, parlamentari e assessori regionali del Pd di Bari e della Puglia che sono già attivi nella campagna delle primarie per Vendola. A questa obiezione Bersani replica con chiarezza: «Dovremo essere noi a spiegare ai nostri la prospettiva individuata con la candidatura di Francesco Boccia: puntiamo alla costruzione di una alternativa. Perché in Italia si possa scegliere un altro progetto visibile al posto di quello rappresentato da Berlusconi».   Nei confronti del governatore i toni sono concilianti: «Noi non abbiamo mai escluso Vendola da questo processo di allargamento - afferma ricalcando così la piattaforma su cui ha vinto l'ultimo congresso - ma la sua candidatura non ci permetteva di andare oltre i confini della nostra coalizione». Una analisi raffinata della querelle pugliese è quella di Nicola Latorre. Il senatore del Pd è arrivato prima di tutti alla Fiera del Levante dove ha raccolto a lungo le riflessioni dei dirigenti locali e di tantissimi militanti. «A Gravina abbiamo ricomposto la situazione» gli comunica raggiante un giovane militante. «Bravi. Ora impegnatevi per portare i nostri sostenitori a votare Boccia». «La presenza di Bersani a Bari - spiega con pacatezza Latorre - conferma come tutto il partito si debba raccogliere intorno al disegno politico rappresentato dalla candidatura di Boccia. C'è una necessità di ricompattamento. L'esperienza pugliese ha la peculiarità di un rapporto costruttivo con l'Udc, che è già un dato di fatto. Non è un laboratorio nazionale ma una realtà nella quale realizzare una nuova alleanza di governo». La formula di Latorre è quella di una sinistra «tatarelliana», oltre gli steccati dell'Unione di Prodi, grazie all'apporto delle energie dei centristi. E alla minoranza interna lancia un messaggio doppio: «Ci sono esponenti franceschiniani che stanno mostrando grande lealtà in questo delicato frangente. Altri che stanno facendo una campagna per le primarie per il segretario nazionale di un altro partito. Questo è un comportamento davvero inspiegabile». Saranno dunque "primarie brucianti" come si affretta a definirle Michele Emiliano. Il suo rapporto con Vendola si è irreparabilmente compromesso nei giorni di novembre quando il primo cittadino barese aveva coltivato il sogno ambizioso di candidarsi come presidente della Regione. E così, pur debilitato da una influenza, il sindaco punzecchia Nichi, dandogli dell'inaffidabile. «Non saremmo in questa posizione se il governatore avesse rispettato l'impegno di nominare Boccia nel 2005 suo vice con delega al bilancio», ricorda con molta acredine. E poi lo colpisce frontalmente: «Il leader di Sel? Una autorappresentazione troppo dilatata di se stesso...». In sala, però, non ci sono i ragazzi dell'Emilab, l'organizzazione giovanile protagonista della vittoria nelle ultime comunali. Sono tutti arruolati, volontariamente, nella Fabbrica di Nichi.  

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