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Pdl in pressing su Berlusconi per avere l'Udc alle Regionali

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Una mediazione difficile, spinosa, complicata. Quasi una «mission impossible» quella che fino a mercoledì — giorno in cui Berlusconi riunirà i vertici del Pdl — tenteranno gli uomini più vicini al premier per convincerlo a una strategia più soft, «differenziata», nei confronti di Casini. Per non compromettere le alleanze già fatte con i centristi per le Regionali (nel Lazio ad esempio) e quelle che sono a un passo dall'esser chiuse (in Campania e in Calabria). Accordi che porterebbero, con ottime probabilità, a una vittoria in tutte e tre le Regioni. Con riflessi positivi sul governo anche in previsione del fatto che all'orizzonte non ci sono più elezioni significative fino al 2013. Berlusconi, però, non è uomo da farsi convincere facilmente.   E il continuo confronto con la politica gattopardesca di Pier Ferdinando Casini lo ha esasperato. Per questo è seriamente convinto a farla finita con i centristi, a tagliare ogni accordo con loro anche a livello regionale. Supportato e incalzato in questa sua decisione dai quadri locali del Pdl al nord, che dell'Udc non sanno che farsene. Ben diversa la situazione del partito nel centro e nel sud dove, invece, per vincere la competizione amministrativa, l'alleanza con Casini può risultare decisiva. Per questo la linea su cui in queste ore buona parte dei vertici del Pdl stanno tentando di portare Berlusconi è di tenere distinti i due piani, nazionale e locale. Lasciando libertà agli amministratori di fare accordi con i centristi dove può servire per vincere. Nel Lazio, ad esempio, dove l'accordo con Casini è stato già chiuso, il vertice di mercoledì è atteso con una certa apprensione. Specialmente dopo l'intervista di ieri di Pier Ferdinando Casini al Corriere della Sera nella quale il leader centrista ha spiegato che in caso Berlusconi confermi i suoi attacchi salterà anche l'accordo già stipulato con Renata Polverini. «La politica che fa Casini è chiaro che non piace a nessuno — spiega Vincenzo Piso, deputato romano del Pdl che fa parte della «squadra» che lavora intorno a Renata Polverini e che ha già partecipato al gruppo che ha portato all'elezione di Gianni Alemanno — Però sul territorio ci sono rapporti diversi, qui l'Udc è molto più legata a noi che al centrosinistra. Se si rompe l'accordo non credo che potranno allearsi con la Bonino, andranno da soli. E questo ci consente di essere comunque ancora in una posizione di vantaggio. Però non tutto può essere ridotto sempre a calcoli, ci sono anche rapporti che si basano sulla parola data». Ma proprio ragionando sulle percentuali c'è una parte del Pdl laziale che è schierato con Berlusconi e che dell'eventuale addio dell'Udc non fa un dramma. Come Francesco Giro, sottosegretario ai Beni e alle attività culturali. O come Fabio Rampelli, deputato Pdl e anche lui nel gruppo attorno alla Polverini. «Berlusconi non ha tutti i torti quando dice che non sopporta più questo andamento ballerino dell'Udc — spiega — E sono convinto che se decidessimo di rompere con loro per noi non cambierebbe nulla». Più preoccupati, invece, gli esponenti calabresi e quelli campani. Far fallire il possibile accordo con Casini significherebbe passare da una vittoria quasi certa ad una altrettanto quasi certa sconfitta. E infatti ieri un gruppo di consiglieri regionali della Calabria ha chiesto al Pdl una maggiore «ragionevolezza». «L'Udc è antitetica al centrosinistra in Calabria e non basterebbero le profferte impudiche dei dirigenti del Pd a farle cambiare idea — hanno scritto — Chiediamo al presidente Berlusconi, al presidente Fini, ai coordinatori nazionali La Russa, Verdini e Bondi di fare in modo che si compia un'alleanza federale, locale, specifica con l'Udc per risollevare la Regione più disastrata d'Italia». Stesso appello arrivato dal vicecapogruppo del Pdl alla Camera Italo Bocchino: «L'Osservatorio di Renato Mannheimer di oggi conferma che il Pdl ha una grande capacità di attrazione dell'elettorato centrista e rappresenta quindi una ragione in più per non rompere con l'Udc e per confermare le intese in itinere anche al fine di avviare un percorso che da qui alle politiche porti a un'alleanza definitiva». Infine Fabrizio Cicchitto: «È evidente che fra Pdl e Udc esistono due chiari elementi di differenziazione: la collocazione dell'Udc all'opposizione e la sua contrapposizione al bipolarismo, da cui la tendenza a cercare di smontarlo con alleanze a pelle di leopardo per le regionali. Specialmente l'evidente contraddittorietà di questa linea per le elezioni regionali va esplicitata in modo chiaro dal Pdl. Detto questo, a mio avviso, bisogna lasciare che le nostre organizzazioni regionali siano libere di realizzare alleanze anche con l'Udc, nelle situazioni in cui ciò deriva dalle concrete esperienze fatte in questi anni e dove ciò va incontro alla dinamica politica avvertita dall'elettorato moderato e riformista di centro».  

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