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Di Pietro: "Su di me un falso dossier"

Il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro

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HAMMAMET - La tesi del complotto girò già in piena bufera giudiziaria e lo stesso Bettino Craxi, in un'intervista nel '97, parlò di «verità nascoste, occultate e manipolate». A dieci anni dalla morte del leader socialista, è proprio l'ex pm Antonio Di Pietro a denunciare e a minacciare querele preventivamente: «Si vuol fare credere, attraverso un dossier di 12 foto mie con Mori, Contrada e funzionari dei servizi segreti, che io sia o sia stato al soldo dei servizi segreti deviati e della Cia per abbattere la Prima Repubblica perché così volevano gli americani e la mafia».   Una teoria che sarebbe verosimile, invece, per Bobo Craxi perché «dopo l'89 c'erano interessi internazionali a cambiare il quadro europeo». Negli anni di Mani Pulite, la tesi del complotto fu cavalcata, senza successo, dai militanti socialisti. Ora l'ex pm Antonio Di Pietro parla di «uno strano personaggio che si aggira nelle redazioni dei giornali per offrire a buon mercato» sue fotografie con il colonnello dei carabinieri Mario Mori e il questore Bruno Contrada. Il teorema, enuncia il leader Idv che ha presentato denuncia in Procura contro la «trappola», sarebbe che «siccome Mori è finito indagato per la nota vicenda delle agende rosse e Contrada è stato condannato per fatti di mafia, Di Pietro ha avuto a che fare, pure lui, con queste vicende. Siccome poi c'erano anche funzionari dei Servizi insieme a costoro, vuol dire che Di Pietro stava macchinando con qualche potenza straniera, se non addirittura con la mafia».   Non sa se il dossier sia vero ma non si stupirebbe il figlio minore del leader socialista. «Se queste cose fossero confermate - sostiene Bobo Craxi - la tesi del complotto apparirebbe meno fantasiosa e getterebbe una luce sinistra su quegli anni. Senza nulla togliere alla leggerezza del finanziamento illecito, può essere che in quel vuoto si siano infilate forze straniere, che dopo la caduta del muro di Berlino volevano un nuovo quadro europeo, e pezzi dell'apparato dello Stato interessate a destabilizzare e a cambiare il quadro politico». Nel mirino, secondo l'ex sottosegretario agli Esteri, finirono «Craxi e Andreotti che in politica internazionale presero scelte di un certo coraggio ed infatti la vulgata che Andreotti era un mafioso e Craxi un corrotto divennero tesi pressoché impossibili da rovesciare in quegli anni».   L'avvocato Pietro Milio, difensore del generale Mori, fa sapere invece: «Lo stress della campagna elettorale potrebbe aver causato al senatore Antonio Di Pietro un evidente stato confusionale tenuto conto che il generale Mario Mori mai ha svolto indagini su sua delega nè, tanto meno, è mai stato indagato per "l'agenda rossa" come egli avventatamente sostiene».  

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