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La disperata ricerca di un amore all'inferno

Una donna italiana bacia suo figlio in attesa di tornare in patria da Haiti

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Haiti, giorno cinque, anno zero: è sempre più disperata la ricerca dei dispersi dopo il devastante terremoto che il 12 gennaio ha scosso Haiti. Internet è una delle fonti preferenziali per segnalare i dispersi e trovare informazioni. Ma il cammino telematico nei meandri dell'inferno haitiano non è una passeggiata, come ha raccontato Elena Grasso. Nata a Treviso 26 anni fa, Elena vive a Roma e ha un fidanzato haitiano, Widly, 28 anni, che vive a Port-au-Prince. È rientrata in Italia poco prima del sisma. «Essendo haitiani, il mio fidanzato e la sua famiglia, non riuscivo a rintracciarli, visto che le liste rese disponibili qui riguardavano solo gli italiani e l'unico numero che dava informazioni sui cittadini del posto era un numero verde 1-888 dagli USA e quindi non raggiungibile dall'Italia», spiega Elena. «Ho passato 48 ore prima di avere notizie sue e della sua famiglia perché chiaramente tutti i contatti telefonici erano saltati. Ho setacciato ogni sito possibile ed ho ricevuto un inestimabile conforto dalle persone più disparate, nella mia stessa situazione, o solo preoccupate per l'accaduto».   In questi giorni, i social network hanno avuto un peso determinante: «È nata una vera e propria rete di informazioni mondiale tramite Facebook - conferma Elena -. Ci scambiavano informazioni raccapriccianti sulla situazione, indirizzi di persone che inviavano sms da sotto le macerie in richiesta d'aiuto e acqua». In queste ore, «il problema, oltre ai bambini, sono chiaramente gli anziani lasciati soli che non riescono a procurarsi cibo o a darsi soccorso tra di loro. Come sempre i più deboli vengono eliminati. Le donne cantano coprendo i corpi dei loro bambini che non hanno superato la notte, ogni mattina è una devastazione. Le notizie delle morti e dei salvataggi arrivavano in tempo reale da Twitter, Facebook e Msn, in collegamento costante senza dormire né mangiare abbiamo creato una rete allargata di haitiani in giro per il mondo con scalo a New York City».   Alla fine il respiro di sollievo: «Finalmente ieri sera (giovedì, ndr) è arrivato il primo sms dal mio fidanzato che mi ha informato che era vivo, e che anche la sua famiglia era salva ma che la casa è distrutta e dormono all'aperto in cortile. Stamattina (venerdì, ndr) sono finalmente riuscita a sentire la sua voce, ed era calmo, rassegnato direi. Continuava a dire che "everything is fucked up, dead people everywhere" (tutto è distrutto, ci sono morti ovunque). La comunicazione si è interrotta dopo 2 minuti e 29 secondi». Elena vuole condividere la sua esperienza con chi è ancora alla ricerca dei propri cari: «C'è ancora speranza per chi manca all'appello anche se è difficile tenere su il morale.   Setaccia bene le liste di Facebook, della Cnn, della Bbc e dei blog di Twitter, ci sono un sacco di nomi, magari è gente che non sapeva del sito della Croce Rossa». Il fidanzato vive a Delmas 33, uno dei quartieri più colpiti della capitale, ma Elena sottolinea che «tutti si sono dimenticati della gente che vive sulle montagne nelle baracche dove gli aiuti non arriveranno mai. Sono tanti li sopra, e veramente poveri».  

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