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E ora tremano anche i feudi rossi

Pier Luigi Bersani

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Quando il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, sostiene (ieri a Firenze) che anche le roccheforti rosse d'Italia, Emilia-Romagna e Toscana in primis, potranno essere espugnate alle Regionali di fine marzo, non dice affatto una banalità, anzi. Lo ammettono gli stessi vertici del Pd che sono costretti ad ammettere: i feudi rossi sono diventati contendibili. Il caso più clamoroso è certamente l'Emilia-Romagna dove il presidente uscente Vasco Errani ci riprova per la terza volta ma, considerando che guidò la giunta anche nella seconda metà dell'era di Bersani (l'attuale segretario del Pd lasciò anzitempo l'incarico per approdare Roma), tenta di fare il poker contro lo sfidante di Pdl e Lega che, in attesa dell'imprimatur finale, è già stato designato dal coordinamento regionale dello stesso Pdl: guarda caso, il sottoscritto. Molti mi chiedono chi me lo faccia fare mettermi contro un potere così consolidato e monolitico. Cifre alla mano, rispondo che la mia non è un "mission impossible", anche se mi rendo conto che dovrò scalare il K2: ce la fece Compagnoni, posso farcela anch'io contro i "compagni". Certo, dovrò affrontare la sfida senza l'Udc di Casini, che per fare un favore nei fatti alla monarchia rossa, ha deciso di andare avanti da sola pur ribadendo a parole, ma solo a parole (esempio di grande coerenza...), di voler andare contro la sinistra in Emilia, ma posso ugualmente tentare senza alleati imbarazzanti. Ma perché la mia battaglia non è persa in partenza? Per alcuni motivi che cercherò di riassumere: dopo 40 anni di monopolio, c'è nella regione una voglia diffusa di cambiamento e di aria nuova: non è un caso che il Pd sia costretto a ricorrere ancora una volta a Vasco Errani che avrebbe preferito volentieri cambiare incarico. Non è neppure un caso che, per mantenere la leadership su Bologna dopo i cinque anni fallimentari di Cofferati sindaco, il Pd sia appena dovuto ricorrere a un prodiano come Flavio Delbono che, peraltro, è già in grosse difficoltà per una storia di viaggi all'estero con la segretaria quando era "vice" dello stesso Errani alla Regione. La verità è che il modello emiliano è in crisi: il partito che pensa a tutto, che ti organizza la vita dall'asilo alla casa di riposo, ha fatto il suo tempo anche da queste parti. La sanità, che pure rappresenta il 70% della spesa regionale - raddoppiata dal 2000 al 2008 - è sempre più a pagamento perché la qualità latita nel settore pubblico. Anche in economia, l'Emilia è diventata una bella addormentata: nel 2009 l'export è crollato di oltre il 22%: colpite, soprattutto, le piccole e medie imprese mentre la cooperazione rossa mantiene i suoi vecchi privilegi.   La concentrazione di fattori di rischio sociale (immigrazione, sicurezza) ha notevolmente rafforzato il centrodestra e la Lega in particolare. Senza contare tutte le polemiche per il recente varo dei Dico all'emiliana, un vero e proprio attacco all'Istituzione-Famiglia a favore delle coppie di fatto (e non solo), che ha giustamente provocato le proteste del cardinale di Bologna, Carlo Caffarra e di tutto il mondo cattolico. Non sono stati ancora pubblicati sondaggi sulle prossime Regionali, ma, partendo dai dati delle ultime Europee, Pdl e Lega potrebbero attestarsi attorno al 40%, mentre la coalizione di sinistra, che cinque anni fa aveva toccato addirittura il 65%, dovrebbe scendere verso quota 50 o giù di lì, sempreché Di Pietro non divorzi da Bersani. Insomma, il centrodestra può davvero giocarsela per una ragione molto semplice: «Errani humanum est, perseverare diabolicum». Ma anche le altre regioni rosse o presunte tali sono assolutamente espugnabili, persino la Toscana: non è un caso che, per mantenere la poltrona di Firenze, così come a Bologna, il Pd sia stato costretto a ricorrere, nel giugno 2009, a un sindaco ex democristiano come Renzi. Il quadro appare ancora più ingarbugliato in Umbria dove nello stesso Pd si segnala molto malcontento per la riconferma della candidatura della Lorenzetti. Ci sono poi regioni che non possono essere considerate rosse tout court, ma che sono attualmente governate dal Pd: in questi casi, le possibilità di un rovesciamento delle attuali maggioranze appaiono ancora maggiori. È il caso del Piemonte, dove il presidente uscente Bresso appare in difficoltà nella sfida con il leghista Cota. Così come del Lazio dove, dopo lo scandalo Marrazzo, il compito della radicale Bonino (ancora una volta Bersani sarà costretto a ricorrere a un candidato esterno per mancanza di alternative valide) sembra in salita contro la sindacalista Polverini che gode pure (chissà perché lì sì e in Emilia no...) dell'appoggio dell'Udc.   Possibili ribaltamenti anche in Campania, dove il "boomerang Bassolino" farà sentire i suoi effetti, e in Puglia, dove il "niet" a Vendola non aiuterà di certo la sinistra. Insomma, con l'inizio della primavera e alla vigilia di Pasqua, ci potrebbero essere importanti sorprese nell'uovo della politica italiana: se son rose, fioriranno...  

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