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Pd, anche il partito delle primarie scende in campo contro Bersani

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Rosy Bindi a Cortinaincontra

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Deve essere la forza dell'abitudine. Appena qualcosa comincia ad andare per il verso giusto il Pd cerca, inevitabilmente, di complicarsi la vita. L'ultima polemica riguarda le elezioni Regionali. Da settimane, con difficoltà, i Democratici stanno cercando una soluzione in Lazio e Puglia. Ebbene ora le difficoltà potrebbero aumentare. Ad agitare ulteriormente i sonni del segretario Pier Luigi Bersani ci penserà il «partito delle primarie» improvvisamente risorto nelle ultime ore. Una consistente parte del Pd, infatti, è tornata a chiedere che i candidati in Puglia e Lazio vengano scelti attraverso la consultazione popolare. La verà novità, però, è che a guidare la truppa non è Dario Franceschini. Sì, certo, c'è anche lui e non potrebbe essere altrimenti visto che l'ex segretario non si lascia sfuggire occasione per rompere le scatole a Bersani (ieri ha anche bocciato l'idea, sostenuta da Franco Marini e altri esponenti democratici, di reintrodurre una forma di immunità parlamentare attraverso la proposta bipartisannCompagna-Chiaromonte). Ma l'idea è stata cavalcata addirittura da Rosy Bindi. Il presidente del partito, che nella corsa alla leadership si è schierata senza tentennamenti al fianco di Pier Luigi, ha detto chiaramente che l'unica soluzione per uscire dall'impasse è chiamare alle urne gli elettori del centrosinistra. In Puglia, ha spiegato intervistata da La Stampa, «non è pensabile immaginare di vincere o di considerarlo un laboratorio politico, rompendo con la sinistra di Vendola. Non ce lo possiamo permettere. E la strada per uscirne è una sola: sono le primarie». Stesso discorso per il Lazio: «Se il Pd dovrà sostenere Emma Bonino è giusto che la scelga in un confronto aperto: altrimenti tutto sembrerà un modo, perfino troppo evidente, per permettere a Casini di sostenere la Polverini». La proposta fa il pieno di consensi nella minoranza del partito. Con Franceschini che sottolinea come «Nello statuto del Pd c'è scritto che i candidati si individuano con le primarie che restano una delle ragioni fondative del Pd, sono un metodo per risolvere i problemi, non per crearli». C'è solo un piccolo problema: sia Francesco Boccia che Emma Bonino, candidati ufficiosi nella due Regioni, non sono affatto d'accordo. «Non mi farò utilizzare da nessuno per giochini che nella migliore delle ipotesi ci riporterebbero ad un passato che non ha nulla a che fare con l'alternativa che abbiamo il dovere di costruire al governo attuale» spiega il deputato pugliese. «Ho avuto un mandato ben preciso - spiega riferendosi all'incarico affidatogli di esplorare la possibilità raccogliere, attorno al suo nome, un consenso allargato all'Udc e all'Idv - l'ho rispettato e sono disposto a seguire solo la strada di una nuova coalizione. Tutte le altre strade possono essere interpretate da altri, non da me». Mentre la leader radicale, a chi le chiedeva se avrebbe corso alle primarie, ha risposto ironica: «Nel 2013, può darsi». Tra l'altro, intervistato dal Tg1, lo stesso Bersani si è spinto fino a definire Bonino «una fuoriclasse», mentre il segretario del Pd nel Lazio Alessandro Mazzoli (bersaniano) ha detto che martedì chiederà «alla Direzione regionale del partito di sostenere Emma Bonino come candidato». E non è escluso che possa esserci una consultazione all'interno dei circoli per dare una «legittimazione popolare» alla candidatura. Insomma l'impressione è che il segretario stia spingendo per evitare un voto che potrebbe avere esiti infausti per il Pd (cosa succederebbe se in Puglia vincesse ancora Vendola? E se un ipotetico candidato democratico perdesse la conta con Bonino?). Chissà se riuscirà a convincere il «partito delle primarie».  

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