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La Bindi va a Cortina a fare la snob

Rosy Bindi a Cortinaincontra

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Ci vuole un bel coraggio. Non c'è dubbio, Rosy Bindi ne ha. Ci vuole un bel coraggio a venire a Cortina nel pieno delle vacanze di Natale e sparare a zero sulla Lega. E ci vuole pure un bel coraggio a venire fin qua su a difendere gli immigrati. E ci vuole anche un bel coraggio a mettersi a ricordare agli italiani, proprio all'inizio della campagna elettorale, che sono un popolo d'evasori fiscali. Il presidente del Pd l'ha fatto. È arrivata sul palco di Cortinaincontra (giunta alla quarta edizione invernale) senza peli sulla lingua. S'è beccata i fischi e ha continuato come se nulla fosse. Non ha neanche provato a cogliere qualche assist che le ha lanciato il moderatore, Enrico Cisnetto, nel tentativo di stemperare i toni. Nulla, lei è andata dritta per la sua strada. Anzi, di più. Non ha corretto di una virgola i suoi ragionamenti. Al contrario. Ha argomentato, spiegato, sottolineato e puntualizzato. In altre parole ha anche provato ad «educare» (dal suo punto di vista) il pubblico. Che non ha apprezzato tanto che alla fine del dibattito con il sindaco di Roma Gianni Alemanno, in sala c'era chi mormorava: «Questi non vogliono tornare a governare per i prossimi cinquant'anni».   Il primo dissidio è arrivato quasi subito. Subito dopo un intervento di Alemanno che, prendendo le distanze dalle sparate leghiste, aveva spiegato come «la vera sfida sul fronte dell'immigrazione è l'integrazione». Non si tratta di dividersi in «cattivisti e buonisti - aveva detto il primo cittadino della Capitale - ma in chi è per la legalità e chi contro». E qui la prima stilettata della Bindi: «Attenzione, non siamo equidistanti dalla Lega». E Alemanno se l'era cavata con una battuta: «Per ragioni geografiche io non governo con i leghisti». Ma era l'inizio. La pasionaria del Pd riprendeva la parola ridicolizzava Berlusconi: «Cattiveria, bontà, amore e odio dovrebbero essere parole bandite dal vocabolario della politica. Agli italiani non interessano i nostri sentimenti ma come pensiamo di risolvere i problemi».   Poi il nuovo affondo: «Un sottosegretario alla Salute della Lega dice che non esistono razze buone e cattive di cani, ma tutto dipende da come i padroni educano i loro animali. Eppure nello stesso governo c'è chi fa questa distinzione quando si tratta degli uomini». Alemanno non ci sta: «Non esageriamo», interrompe. Fischi, rumoreggiamenti. Arriva anche qualche interruzione del pubblico. Lei prova a placare gli animi e ammonisce: «La politica o cavalca le paure o guida i processi. In questo momento non fa bene la politica che non aiuta a confrontarsi».   Svela di «non essere una di quelle che non darebbe la cittadinanza dopo cinque anni: i processi di integrazione richiedono molto più tempo. È necessario il riconoscimento e il pieno rispetto della Costituzione, delle leggi e delle tradizioni. Questa è la grandezza di un Paese e su questi punti si costruisce la grandezza di un Paese. Ad esempio, gli Stati Uniti sono un grande Paese perché si sentono tutti americani». Ma dura davvero poco il feeling con la sala che si scalda di nuovo quando Rosy avverte: «Vedo riemergere vecchie intolleranze che sembravano superate. Come quella nei confronti dei meridionali. Servirebbero riflessioni serie. Questo è il Paese che ha il record dell'evasione fiscale e che ancora di più è stata incentivata dallo scudo fiscale». Proteste dalla platea ma l'ex ministro non demorde: «Ah no? Guardate che con lo scudo sono rientrati quasi cento miliardi, lo Stato ne ha incassati quattro e mezzo. Il che significa che ne abbiamo persi quasi quaranta». Alemanno tenta una mediazione. Sottolinea che sì, è vero, dalla Lega spesso arrivano «sparate», ma invita anche a guardare la stragrande maggioranza di sindaci, assessori, amministratori del Carroccio che governano in silenzio senza provocazioni. Cita l'esempio del primo cittadino della vicina Verona, Flavio Tosi. La Bindi non demorde, riprende la parola e riparte con gli attacchi: «La legge Bossi-Fini è stata una vergogna tanto che il presidente della Camera non so se ci rimetterebbe la firma». Ma è solo il preludio alla frase più forte che fa infuriare la platea. Eccola testuale: «È una legge che non è servita a nulla. Anzi ha prodotto l'effetto contrario al punto che oggi l'Italia è il Paese con il tasso più alto d'immigrati». Boato in sala. Neppure Alemanno si trattiene più: «Ma che dici? Che dici?». La Bindi tira dritto: «È vero, sono i dati». E il sindaco di Roma: «E ti pare che è colpa della legge? Come fai a dire che è la legge che ha fatto venire gli immigrati? Ma ti rendi conto?». Scintille tra i due nel finale. Questa volta quando si parla di dialogo. La presidente del Pd spiega: «Siamo disponibili alle riforme. Per noi va bene la bozza Violante. Ma non si può dire: "Cominciamo e poi il resto vediamo più avanti". Vogliamo sapere che cosa c'è dopo. Tanto per esser chiari il presidenzialismo noi non lo vogliamo». Alemanno risponde che lui è favorevole con la proposta di Cisnetto di convocare un'assemblea costituente ma al contempo chiedere di smussare gli angoli, la Bindi lo provoca, interrompe e mormora le leggi ad personam. Lui fa la voce grossa: «Se un clima di aggressione al premier sia chiaro che noi non ve lo faremo aggredire». Applausi. Rosy non demorde: «E chiedere di mettere da parte la legge sul processo breve è un'aggressione». Il sindaco di Roma scandisce le parole: «Se si vuol fare un ragionamento serio sul rapporto tra giustizia e politica va bene. Se i fini sono altri allora la maggioranza andrà avanti da sola». Alla fine saluti e baci. E nemici come prima.  

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