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I "falchi" volano anche attorno al Quirinale

Il presidente della Repubblica Napolitano in visita ad Ankara (Turchia)

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Falchi e colombe non volteggiano solo nei partiti ma ora anche al Quirinale, dove Giorgio Napolitano ci aveva invece abituati a immaginare solo colombe con i suoi lodevoli e ripetuti appelli, rivolti in tutte le direzioni, a smorzare i toni, a dialogare, a confrontarsi costruttivamente, a pensare all'interesse generale e non alle momentanee convenienze di parte. Ho intravisto falchi anche attorno al presidente della Repubblica leggendo il 10 novembre scorso sul Corriere della Sera, sotto il titolo «I dubbi del Colle e una firma non scontata», un articolo di Marzio Breda dedicato alle prospettive del disegno di legge poi presentato al Senato dai capigruppo della maggioranza per fissare finalmente un termine vincolante ai troppo lunghi processi italiani. Dai quali sono già derivate tante condanne e multe europee. Breda, che segue da anni per il maggiore giornale italiano eventi ed umori del Quirinale, anticipando spesso i sì e i no del capo dello Stato, prospettava quel giorno una forma inedita, e francamente inquietante, di rifiuto di promulgazione di una legge da parte di Napolitano. Che pure aveva tenuto personalmente a spiegare qualche settimana prima ad un cittadino che gli aveva contestato per strada la firma apposta al cosiddetto scudo fiscale: «Avrei dovuto promulgarlo per forza se lo avessi rimandato alle Camere e queste lo avessero nuovamente approvato».   Qualche falchetto deve avere poi sussurrato qualcosa di diverso all'orecchio del capo dello Stato se il quirinalista del Corriere, adeguatamente informato sulla possibilità di «uno scontro tra poteri senza precedenti», ha così scritto della nuova legge che tanto indigna l'opposizione: «In dottrina si discute se il presidente della Repubblica non potrebbe - e si ritiene appunto che potrebbe - rifiutare la controfirma e sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Consulta», cioè davanti alla Corte Costituzionale. Dove certo non si muore dalla voglia di assecondare le scelte legislative di questa maggioranza. Per quanto il quadro minacciato nell'articolo di Breda fosse riferito, in particolare, all'ipotesi in cui la nuova legge finisse anche per contemplare il diritto delle quattro maggiori cariche istituzionali, sinora assente dal testo all'esame del Senato, di fare svolgere solo a Roma «per competenza funzionale» i processi a loro carico, vista la sospensione preclusa di recente dai giudici costituzionali, sarebbe bene che i falchi e i falchetti in volo anche sul Colle si leggessero meglio l'articolo 74 della Costituzione. Esso dice: «Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata». Deve, quindi, senza possibilità di trovare altri ostacoli al Quirinale.  

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