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Stop ai falchi servono le colombe

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Fermo restando che è facile parlare col senno di poi, occorre dire che la strategia sin qui seguita è sbagliata che più sbagliata non si può. Ciò va precisato sotto tre profili almeno, che qui proponiamo. In primo luogo è sbagliato affrontare (vale anche per il ddl appena presentato) le questioni di giustizia con provvedimenti concepiti per risolvere i problemi del premier. Essi infatti si rivelano inefficaci da anni, per il semplice fatto che nel match delle «regolette» saranno sempre i giudici a vincere. Ciò che serve è ben altro, cioè una robusta (e costituzionale) riforma che ripristini, magari in forma rivista e corretta, i giusti equilibri tra politica e giustizia, saltati nella convulsa stagione di Tangentopoli. Su questo punto ha detto parole giuste Casini e lo stesso ha fatto Fini. Su questo punto il Pd di Bersani potrebbe essere portato ad un serio tavolo di confronto. Il secondo grave errore è quello di drammatizzare il dibattito interno ed in particolare l'atteggiamento di Fini. Tra bordate giornalistiche (Feltri e Il Giornale) e accuse varie si butta sul personale una vicenda che invece deve essere lasciata sul piano della politica, dove la fedeltà non si misura come nelle storie d'amore. In terzo luogo si continua da mesi a trascurare la vera (ed unica) via d'uscita da questa situazione, che è quella di mettere al centro del dibattito un'agenda di governo capace di sfornare una novità «forte» alla settimana, imponenedo così a tutti (giornali compresi) di inseguire anziché anticipare. Fisco, Grandi Opere, Federalismo, Lavoro, Istruzione, Cultura. Ci sono potenti riforme a costo zero che darebbero al governo la forza di cacciare in un angolo le questioni di giustizia, lasciandole ad un confronto parlamentare da rendere, questo sì, celere e non lento. Si dirà: come può tutto questo conciliarsi con il pericolo di una condanna (di primo grado) in arrivo per il premier? La risposta non è semplice, ma di certo la strategia sin qui seguita non ha prodotto risultati buoni, quindi occorre cambiare. Quanto poi all'ipotesi delle elezioni anticipate, diciamo sinceramente che una maggioranza tanto ampia e votata da nemmeno due anni deve pensarci mille volte prima di «implodere», poiché non sarebbe affatto semplice da spiegare agli italiani. Si troverebbe in difficoltà lo stesso Berlusconi, ben oltre la comprensibile ostilità del capo dello Stato. Egli infatti dovrebbe chiedere elezioni per causa interna alla maggioranza, finendo così per certificarne la crisi. Ma dovrebbe poi riproporre agli elettori la stessa coalizione, magari senza Fini, chiedendo un voto (di fatto) contro i magistrati. Azzardato? Certamente sì. Risolutivo? Quasi certamente no.  

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