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Qui si gioca l'interesse generale

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Anna Finocchiaro che inchioda al muro i tre articoli del testo, Bersani che monta il Pd sugli scudi per scatenare battaglia accanto all'Associazione nazionale magistrati, ripropongono il film già visto della questione giustizia: ogni volta che si affronta questo capitolo, la politica si spacca in due metà campo, con l'Italia delle toghe pronta a entrare in gioco ove necessario, col suo pesantissimo peso specifico. Peccato, perché i principi che ispirano questo testo di legge sono largamente condivisibili, o sarebbero dovuti esserlo in un Paese civile e civilmente attento anche a quello che succede nei tribunali. Dove lo scandalo sono anche i processi infiniti e i rinvii perpetui, non solo la denuncia degli «effetti devastanti» che questo Ddl produrrebbe sul funzionamento della giustizia penale. La sinistra seppellisce in fretta il garantismo, e al contempo scorda in fretta le polemiche sulla scarsa considerazione di cui gode il Parlamento: perché non aspettare che il progetto di legge prenda forma, perché non provare a modificarla e migliorarla in Parlamento prima di alzare le barricate? A questo punto, bisogna dirsela tutta prima di chiedere alla politica di fare il suo mestiere Qui si gioca l'interesse generale. La maggioranza di centrodestra, nel corso dell'iter legislativo di questo Ddl, ha il dovere di dimostrare che non si tratta di un testo modellato dalla sola volontà degli avvocati difensori di Berlusconi. Non serve nasconderlo, è ovvio che la celerità con cui il testo è stato presentato è anche conseguenza della bocciatura del Lodo Alfano, ma c'è la concreta possibilità che una preoccupazione contingente possa alla fine produrre una buona norma a tutela e promozione dell'interesse dei cittadini. Il testo si può migliorare, alcuni reati di maggiore allarme sociale possono essere esclusi dal processo breve e altri – come l'immigrazione clandestina – possono esservi inseriti. La dialettica parlamentare e il confronto pubblico servono a questo, e dovrebbero saperlo per primi gli strenui difensori della Costituzione. Da questa vicenda può partire il primo passo per il superamento di quell'emergenza giudiziaria che, per dire, porta molti politologi a considerare la magistratura una variabile chiave nell'analisi della storia politica italiana della seconda Repubblica, e ha diviso per troppo tempo la politica in due fazioni, stile Oriazi e Curiazi: molta sinistra che difende la magistratura a prescindere, e molto centrodestra berlusconiano che l'attacca a prescindere. È uno schema logoro che però si ripete come un riflesso pavloviano. La politica ha necessità di disporre di spazi di sovranità sottratti alle possibili interferenze del potere giudiziario, e che si ricominci a discutere anche di immunità parlamentare, prerogativa tra l'altro stabilita dai padri costituenti, ci può stare, dopo un quindicennio di antipolitica teorizzata a destra e praticata a sinistra. Il Ddl sul processo breve ha un valore simbolico enorme, è lo specchio dove si riflette la volontà della politica di promuovere e tutelare l'interesse generale mediante un confronto senza barricate e senza guerre simulate. Magari è la volta buona. Magari.

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