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Casini "tentato" dall'accordo con il Pdl

Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini

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Pier Ferdinando Casini in pubblico continua a ripetere che che l'Udc è fortemente intenzionata ad andare avanti da sola. In realta però si sta facendo sempre più concreta l'ipotesi che i centristi possano stringere alleanze per le prossime amministrative con il Pdl. Iniziando dal Lazio, dove il centrodestra sarebbe disposto anche ad aprire una trattativa con l'Udc sul nome del candidato, per arrivare fino alla Lombardia, alla Campania e alla Calabria. Ma lasciandosi sempre una porta aperta anche con il Pd. Magari nelle Regioni dove il centrosinistra avrebbe qualche possibilità di vincere, in Puglia e in Piemonte. Con l'obbligo, però, di «togliere di mezzo» Nichi Vendola e Mercedes Bresso con i quali i centristi non sarebbero mai disposti a fare accordi. Ieri intanto il leader dell'Udc ha avuto un colloquio alla Camera con Gianfranco Fini ma i temi del vertice sono rimasti top secret. Quasi sicuramente, però, si è parlato di regionali anche in vista dell'incontro di oggi con Berlusconi e con Denis Verdini. E proprio quest'ultimo ieri ha spiegato che «non c'è nessun veto e nessun pregiudizio verso l'Udc». Il leader dei centristi, però, non vuole dare nessun vantaggio ai suoi interlocutori. E ieri, all'Assemblea degli amministratori provinciali del partito, ha ribadito la sua linea: «Avanti da soli anche alle regionali». Aggiungendo però che ci potrebbero essere «delle eccezioni, se ci sono candidati condivisi e programmi chiari». Sondaggi alla mano, il leader centrista ha presentato ai 188 consiglieri provinciali del partito, che lo hanno ascoltato nella sede di Confcooperative a Roma, i risultati che proiettano l'Udc «ampiamente oltre il 7%». E ha raccontato il corteggiamento di cui viene fatto oggetto il partito da destra e sinistra in vista del voto di primavera. L'«avanti anche da soli» aveva incontrato però qualche perplessità tra gli amministratori locali del partito ai quali il leader dell'Udc ha spiegato il motivo del sacrificio al quale sono chiamati rinunciando alle loro posizioni, frutto di accordi sul territorio, in nome della linea di autonomia prescelta. Tra gli amministratori c'è chi dice che «sarebbe sbagliato non andare al governo, lasciando spazio a destra e sinistra»; o chi teme che «perdere potere sul territorio possa alla lunga indebolire lo stesso partito a livello nazionale». Ma sul piatto della bilancia Casini fa pesare la «tenuta» dell'Udc alle politiche e la crescita alle ultime Europee. Abbandonato dalla destra al suo destino, dopo la svolta del predellino, e visto con una certa diffidenza dalla sinistra, il partito dell'ex presidente della Camera è tornato però ad essere «indispensabile» in vista delle prossime regionali. Casini, però, è intenzionato ad «alzare» il prezzo di eventuali accordi. «Noi incontriamo tutti perché la gente è stanca solo dei litigi — ha detto ai cronisti poco prima di parlare alla platea — Abbiamo rinunciato al potere e confermiamo la nostra scelta». Linea che dovrà essere condivisa da tutto il partito e anche da chi mette in guardia contro il pericolo che «il nostro immobilismo possa essere visto come ambiguità». Per Alfonso Ascione, consigliere provinciale di Napoli, «c'è un momento della responsabilità e non solo quello della critica», mentre il deputato Teresio Delfino sottolinea la necessità di continuare a «fare battaglia laddove stiamo già lavorando» in ambito locale e invita a non «escludere il dialogo» con gli altri. Tra gli amministratori si sottolinea però anche «il consenso d'opinione che ha ora l'Udc e che prima era impensabile». Pa. Zap.

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