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Bindi: "Sì al confronto"

Il vicepresidente della Camera Rosy Bindi con la maglietta su cui è stampata la risposta dell'esponente Pd al premier

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Rosy Bindi è diventata, suo malgrado, il simbolo dell'opposizione a Silvio Berlusconi. La sua risposta al premier («presidente non sono una donna a sua disposizione» ndr) ha fatto il giro d'Italia. Eppure, davanti al Cavaliere che apre al dialogo, il vicepresidente della Camera non chiude pregiudizialmente la porta, anche se subito aggiunge: «Non riesco a capire in cosa consista la novità della proposta di Berlusconi e, soprattutto, non capisco quale dovre«bbe essere il nuovo atteggiamento del Pd». Il presidente del Consiglio parla di «cambiamento di registro». «Domenica sera a Che tempo che fa, ho accolto favorevolmente l'uso di una terminologia più appropriata da parte di Bersani quando ha parlato di "confronto in Parlamento"». Quindi si può dialogare con Berlusconi? «Noi non abbiamo mai rifiutato il confronto. Una delle principali menzogne che sento dire dai colleghi del centrodestra è che diciamo sempre no e non facciamo proposte. Non è vero. Camera e Senato sono piene di proposte dell'opposizione». Allora qual è il problema? «Se la maggioranza va avanti a colpi di decreti e voti di fiducia è un po' difficile confrontarsi». Perfetto. Quindi Berlusconi ha fatto l'offerta, voi l'accettate. E tutti vissero felici e contenti. «Non è così semplice. In Parlamento ho visto accadere miracoli, ma vogliamo capire in cosa consiste l'offerta del presidente del Consiglio».  Beh, un punto centrale è la riforma della giustizia.  «Bene, dico subito che se l'obiettivo è togliere autonomia e indipendenza alla magistratura noi non siamo disponibili. Così come non siamo disponibili alla riedizione di provvedimenti ad personam. Se invece si vuole una riforma della giustizia per i cittadini, che affronti il problema della lentezza dei processi, della condizione carceraria e di una giustizia civile che è diventata un peso economico per il Paese c'è la nostra totale disponibilità. Certo, se il biglietto da visita del premier è la frase pronunciata qualche giorno fa («anche se condannato non mi dimetterò»), mi sembra sia giusto e naturale avere qualche sospetto». E sulle riforme istituzionali? «Vale lo stesso discorso. Se Berlusconi vuole più poteri per sé noi non ci stiamo. Al contrario esistono disegni di legge del Pd, già depositati nelle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato su cui si può aprire un confronto. Noi siamo contrari a un'idea della democrazia in cui il consenso popolare diventa un lavacro per le questioni giudiziarie o, peggio ancora, un modo per cancellare gli altri poteri dello Stato. E comunque, tutto questo, non deve distrarre il governo dall'affronto di un altro tema centrale». Quale? «La crisi. Da tempo chiediamo una sessione parlamentare dedicata alla crisi. Invece abbiamo un ministro dell'Economia conferenziere che tutti i giorni ci spiega una teoria economica nuova». Voi aprite al dialogo, ma come la mettiamo con Di Pietro che già vi accusa di voler fare un inciucio? «Voglio rassicurare Di Pietro sul fatto che nessuno farà intese sottobanco».  Non crede sia ora, come chiede il premier, di rompere con l'Idv? «Anche qui il punto centrale sono le questioni di merito. Non mi sembra che il Pd faccia un'opposizione gridata. Abbiamo sempre detto che il nostro problema è l'alternativa, non l'opposizione. E quando Di Pietro ci ha chiesto di partecipare a manifestazioni già convocate, abbiamo chiaramente detto che non eravamo interessati. Mi sembra che, su questo punto, Berlusconi non può porre alcuna condizione». Riuscirà Bersani a tenere unito il Pd su questa linea?  «Alle primarie i cittadini ci hanno detto in maniera chiara qual è la linea politica e la classe dirigente attorno a cui costruire l'unità del partito». Quindi nessuno seguirà l'esempio di Rutelli? «La scelta di Rutelli mi sembra nasca dal bisogno di un posizionamento politico personale. Non è un caso che quasi tutti i rutelliani abbiano deciso di restare nel Pd». Sarà Rosy Bindi il prossimo presidente del partito? Se sì, si dimetterà da vicepresidente della Camera? «Credo di aver contribuito alla vittoria della mozione Bersani e se mi chiederanno di fare il presidente dell'assemblea nazionale del partito lo farò volentieri. Anche perché mi sembra un compito che ben si concilia con quello di vicepresidente della Camera. Si tratta di due ruoli di garanzia perché il Pd non ha una struttura diarchica. Buttiglione, nell'Udc, già lo fa».

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