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«Questi fatti provocano sconcerto anche in me»

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EmanueleMacaluso è sicuramente uno dei grandi «vecchi» della sinistra italiana. Classe 1924, ha aderito al Pci nel 1941. Più volte parlamentare, oggi si dedica esclusivamente all'attività di giornalista e scrittore (dirige le Nuove ragioni del socialismo). Ed è proprio da questa posizioni di osservatore esterno che guarda alla vicende di queste settimane. «Quello che è successo a Marrazzo - commenta - è di certo meno grave rispetto a ciò che è accaduto a Berlusconi. Marrazzo sarà costretto a dimettersi e lo considero un fatto positivo, ma resta un dato: quando certe cose accadono nel centrodestra tutto va avanti come se niente fosse». Forse perché il centrodestra, a differenza del centrosinistra, non ha mai sbandierato la propria superiorità morale. «Il punto è che oggi, in Italia, sta avvenendo una cosa che io reputo molto grave». Cioè? «Non ci sono più i partiti. A destra si è affermata una forza padronale e personale. A sinistra un'aggregazione senza regole, senza una base politico-culturale, senza gruppi dirigenti espressi dagli iscritti». Scusi, ma cosa c'entra questo con stupratori, camorristi, indagati? «Le faccio un esempio. Io sono entrato nel Pci nel 1941. Dopo la liberazione, in Sicilia, ci furono sezioni in cui la mafia tentò di infiltrarsi. A quel tempo il segretario era Girolamo Li Causi. Si intervenne e si impedì una pericolosa deriva». Vuol dire che il Pd non ha imparato niente dalla sua storia? «Voglio dire che mafia e camorra scelgono i partiti da sostenere a seconda dei vantaggi che possono ottenere. Per questo servono forze capaci di capire cosa sta accadendo e di far prevalere la caratura morale sull'interesse immediato». Il potere logora chi ce l'ha. «Dopo la svolta dell'89 il partito è rimasto nel limbo. Ha perso progressivamente un'identità in cui i quadri dirigenti potessero identificarsi. E se non ci sono valori di riferimento inevitabilmente si perde la capacità di coerenza politica e morale. È successo anche nella Dc: fino a quando è stato un partito di valori ha avuto una classe dirigente moralmente sana, quando è diventato una confederazione di interessi...» Quindi oggi il Pd è una confederazione di interessi? «Un partito senza riferimenti è un partito "pigliatutto". Spesso sento dire che il partito deve esprimere la società così come è. Ma nella società così come è c'è di tutto! Invece il partito deve essere capace di modificare la società». Qual è, secondo lei, il candidato segretario che meglio risponde a questa esigenza? «Quando nacque il Pd io rimasi fuori e scrissi un libro che si intitolava Al capolinea. Non ero un profeta ma capivo dove si andava a finire. Oggi mi auguro che dalle primarie esca un segretario capace di dare un'identità a questo partito. Mi pare, leggendo i giornali, che Bersani possa farlo. Certo è che la nostra democrazia ha bisogno di una forte opposizione con una forte identità». Ma per quello c'è già Di Pietro? «Di Pietro rappresenta la debolezza dell'opposizione non la sua forza».

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