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I Democratici scaricano Piero

Dario Franceschini

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  Nel Pd basta che a uno scricchioli la sedia che subito i suoi compagni di partito corrono a segargliela definitivamente. «Non c'è più il senso della comunità», dice sconsolato un deputato del principale partito di opposizione. Il senso di comunità, il senso di appartenenza. Macché, il clima è da resa dei conti. Da teste rotolanti. Accade così che su Piero Marrazzo piovono dichiarazioni dei vertici del Pd. Quelle dichiarazioni prestampate, fredde, asciutte e il meno compromettenti possibile. Quelle che si chiamano «di circostanza». E che testimoniano come attorno al «caso Marrazzo» ci sia freddezza, gelo, imbarazzo. Il tono, almeno per i big, è lo stesso: solidarietà, e quella non si nega a nessuno, all'uomo Piero. Per il presidente e soprattutto per il candidato alla riconferma si vedrà. Salta per esempio agli occhi il fatto che Pier Luigi Bersani, il favorito per la segreteria del Pd che Marrazzo ha scelto di sostenere rompendo con il mondo veltroniano che lo aveva voluto, si faccia sentire soltanto a ora di pranzo sebbene la notizia del ricatto al Governatore sia della tarda serata precedente. Dice Bersani: «Esprimo la mia solidarietà a Piero Marrazzo, vittima di una vera e propria aggressione e di un incredibile ricatto. Continui serenamente a svolgere, come ha fatto finora, il suo lavoro, sapendo che può contare sull'affetto e la stima di tutti noi». Continui a lavorare come presidente, dunque. Sul fatto però che a fine mandato sarà di nuovo il portabandiera del centrosinistra è tutto da discutere. Più esplicito Dario Franceschini, il quale ha rimandato le valutazioni sulle conseguenze politiche della vicenda ad un secondo momento: «I ragionamenti sugli effetti di questa vicenda in vista delle elezioni Regionali sono prematuri». La questione c'è. Eccome se c'è. Anche se appena qualche settimana fa i sostenitori delle tre mozioni (Bersani, Franceschini e Marino) davano per scontato che Marrazzo sarebbe stato il prossimo candidato Democratico alle elezioni di marzo. L'unico a parlare in maniera esplicita è un consigliere regionale, Giuseppe Lobefaro, vicino a Francesco Rutelli, che afferma senza mezzi termini: «Se il video è vero, Marrazzo se ne deve andare». L'unico a parlare con altrettanta chiarezza ma per difendere Marrazzo è il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti: «Non ci sono dubbi sulla sua ricandidatura». Ma è appunto una voce isolata visto che nel Pd nessun altro è disponibile a scommettere sulla sua ricandidatura. Ora bisognerà aspettare le primarie, che si tengono domani. Poi la questione sarà messa sul tappeto, al punto che già in mattinata era circolata la voce che lo stesso Marrazzo potesse anticipare i tempi e dimettersi oppure accelerare i tempi e chiedere l'impegno immediato alla riconferma. Si vedrà la settimana prossima. I giochi comunque sono riaperti. E a questo punto nel Pd sta prevalendo l'ipotesi di scegliere un nuovo candidato che possa riaprire la partita con l'Udc. Magari mettendo sul tavolo un candidato che possa essere gradito a Casini: il più gettonato al momento appare essere l'ex presidente della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra. Ma non si esclude il fatto che il Pd possa cedere proprio il candidato presidente in cambio di un accordo chiuso anche in altre Regioni. Salgono anche le quotazioni di Luciano Ciocchetti, uomo forte dell'Udc e che già veniva dato come eventuale vicepresidente in caso di intesa. Casini per ora non commenta se non per dire che «deve essere chiaro che in nessun caso dovrebbe essere possibile, per un uomo politico, accettare un ricatto». I centristi però potrebbero pensare anche a un candidato terzo, magari di area, sul modello di Ferrarese a Brindisi. Rispunta anche una vecchia soluzione che proprio Il Tempo lanciò: Walter Veltroni. Il quale ex sindaco ieri è rimasto stranamente in silenzio.

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