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Lodo Alfano, Corte divisa

Da sinistra: gli avvocati Niccolò Ghedini, Pietro Longo e Luigi Pecorella nella sala gialla di palazzo della Consulta, prima dell'udienza della Corte Costituzionale sul 'lodo Alfano'

Ora tocca alla Consulta

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Il problema vero è che nessuno è in grado di fare previsioni. Stamattina alle 9.30 il presidente Francesco Amirante aprirà l'udienza pubbblica della Corte Costituzionale che dovrà occuparsi, tra le altre cose, di giudicare il cosiddetto «lodo Alfano». Prima parlerà il relatore del provvedimento Franco Gallo che dovrà riassumere i motivi dei tre ricorsi presentati contro il testo (due dai giudici di Milano e uno dal gip di Roma), quindi sarà la volta degli avvocati. Ci saranno Niccolò Ghedini, Gaetano Pecorella e Pietro Longo che rappresentano Silvio Berlusconi in qualità di imputato (i primi due, cinque anni fa, difesero il «lodo Schifani»), l'avvocato dello Stato Glauco Nori (che rappresenta la presidenza del Consiglio) e, forse, potrebbe prendere la parola anche il presidente dei costituzionalisti Alessandro Pace (in rappresentanza della Procura di Milano). Quest'ultimo, però, non sa ancora se i giudici della Consulta ammetteranno il suo intervento. Finito il giro la Corte si chiuderà in camera di consiglio e, da quel momento in poi, potrebbe succedere di tutto. L'ipotesi più accreditata è che la sentenza possa arrivare entro domani, ma c'è anche ci parla di un rinvio tra 15 giorni. Impossibile fare pronostici. Le indiscrezioni parlano di una Corte in perfetto equilibrio tra favorevoli e contrari. Anche se qualcuno dei 15 giudici viene dato per incerto. Quindi la decisione potrebbe essere presa da una maggioranza risicata e solo dopo una lunga discussione. In verità c'è anche chi dice che alla fine i magistrati, per togliersi dall'impaccio, potrebbero optare per una bocciatura per violazione dell'articolo 138 della Costituzione. Che tradotto vuol dire che la sospensione dei processi per le quattro più alte cariche della Stato andava fatta attraverso una legge costituzionale e non con una ordinaria. Ipotesi che appare remota perché quando il lodo Schifani venne bocciato nel 2004 si parlò di violazione dell'articolo 3 (principio di uguaglianza davanti alla legge) e dell'articolo 24 (diritto alla difesa) e non si mise in discussione l'utilizzo della legge ordinaria. In ogni caso non è solo il premier a seguire con una certa apprensione ciò che succederà nel Palazzo della Consulta. Anche il Capo dello Stato, che lo scorso anno diede il via libera alla legge, attende la sentenza. Giorgio Napolitano infatti sa che una bocciatura del lodo potrebbe portare alla caduta del governo e quindi è pronto al peggio. L'impressione, però, è che difficilmente il Presidente darà l'ok a un governo tecnico. Forse farà un tentantivo, ma la strada delle urne sembra essere quella più probabile. Anche perché difficilmente si troverà una maggioranza in grado di sostenere ipotesi diverse. E poi non bisogna sottovalutare un fattore. Gli attacchi che Antonio Di Pietro gli ha rivolto in queste settimane hanno profondamento turbato Napolitano così come la reazione del Pd che ormai sembra bloccato da una campagna elettorale fatta più di attacchi personali che di contenuti. Bocciare il lodo Alfano significherebbe dare ancora più forza all'Idv.

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