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No al burqa in Italia "Annulla la donna"

Burqa

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Uno scafandro: a chiamare così il burqa islamico è Souad Sbai, parlamentare del Pdl e presidente dell'Associazione Donne Marocchine che oggi in Commissione Affari Costituzionali presenterà la sua proposta di legge di modifica dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1975 n. 152 che vieta «l'uso di caschi protettivi o altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona in luogo pubblico o aperto al pubblico». «La modifica che intendo presentare - spiega la Sbai - consiste di aggiungere all'articolo 5 il seguente periodo "È altresì vietato, al fine di cui al primo periodo, l'utilizzo di indumenti femminili in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqab". Tanto per essere chiari». E fare nomi e cognomi: pensa che la sua proposta sarà accolta favorevolmente e trasversalmente? Da chi si aspetta colpi mancini? «Da nessuno perchè ho già avuto riscontri positivi. E comunque non mi faccio intimidire da nessuno. La mia battaglia contro il burqa non è un capriccio dell'ultima ora ma viene da lontano e dalle mie peregrinazioni in tanti paesi islamici dall'Afghanistan all'Iran». C'è chi sostiene che noi occidentali non possiamo impedire usanze culturali e religiose agli immigrati che vivono da noi... «Vorrei sgomberare il campo dai pregiudizi e dai luoghi comuni. Il burqa con la religione islamica non c'entra niente. È un'imposizione degli estremisti, dei fondamentalisti che ormai hanno colonizzato l'Occidente».  Anche da noi in Italia? «Sì, senz'altro e con gli estremisti che avanzano non vorrei che diventi normalità anche il burqa». Ma ci sono donne islamiche che vogliono portare il copricapo e magari anche il burqa.. «Io rispetto le donne che per una scelta religiosa, o una convenzione o anche perchè fanno la chemioterapia si coprono il capo, ci mancherebbe! Ma nella maggior parte dei casi c'è un'imposizione da parte degli uomini e l'uso del burqa diventa la conditio sine qua non per uscire di casa, per non essere segregata, sepolta viva tra le mura domestiche. Nessuno lo ammette. Parlano di identità culturale ma dentro di loro c'è tanta paura. Il velo, comunque, annulla la persona. E bene lo sanno le donne che abitano nei paesi islamici e lottano attraverso le loro associazioni contro questa tortura. In Afghanistan alcune di loro sono state ammazzate o sbattute in galera proprio per la loro battaglia contro il burqa». Ma qui da noi quando s'è cominciato a parlare di burqa? «Tutto è iniziato negli anni Ottanta con i Fratelli Musulmani e il loro tentativo di reislamizzare il Nord Africa che, secondo loro, aveva preso una deriva troppo occidentale. Fortunatamente per noi, si sono scontrati con personalità molto forti come Gheddafi ecc. L'uso del burqa è mediato dalla tradizione talibana che è la culla dell'estremismo. I taliban dell'Afghanistan grazie ai proventi del narcotraffico sono diventati fortissimi dal punto di vista economico. Il business della droga foraggia illimitatamente il terrorismo e favorisce l'indottrinamento del fondamentalismo, la possibilità di addestrare e proteggere tutte le teste calde, dopo opportuni lavaggi del cervello, che sono pronte a farsi saltare in aria in ogni parte del mondo». Il burqa come paradigma del fondamentalismo? «Le generazioni di donne islamiche che si sono trasferite nei paesi occidentali hanno perso nei loro luoghi d'origine la possibilità di vivere il fermento di emancipazione che c'è stato e c'è ancora. Qui poi sono soggette al controllo di imam discutibili, ignoranti e fondamentalisti che impongono certi usi. Ecco perchè ho chiesto l'istituzione di un albo di imam e un censimento delle moschee in Italia. Fortunatamente sto parlando di minoranze».  Cosa pensa degli italiani (e) che si convertono all'islam? «Sono almeno otto gli italiani che si convertono ogni giorno all'islam. Lo dicono le statistiche. Molto spesso è per poter sposare un musulmano (a). E sono tante le italiane che poi si pentono. Trattate come zerbini, per non parlare dei figli rapiti ecc. Ci sono altre donne, invece, che diventono integraliste. Ne ho conosciuta una, recentemente, durante la trasmissione Porta a Porta che mentre si parlava dei terribili fatti di sangue legati all'intolleranza religiosa ha dichiarato con freddezza che servirebbe una corte islamica per tutti i reati che coinvolgono l'Islam».

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