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Vogliamo le riforme a costo zero

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Serve a poco consolarsi guardando gli altri, che sotto la spinta della crisi hanno peggiorato i loro conti e qualcuno ci ha anche superato (al ribasso), serve a poco perché loro hanno potuto spendere, mentre noi i debiti li abbiamo ereditati. E' vero che il governo ha due salvadanai: uno contenente gli introiti del condono relativo ai soldi detenuti all'estero, il così detto scudo, e l'altro ricco dei fondi non spesi per la cassa integrazione guadagni (erano stati stanziati 8 miliardi, ne sono stati spesi 1,5). E' anche vero, però, che se portati a mero risparmio, quei soldi non produrranno nulla di rimarchevole, e se buttati sul piatto della ripresa, rischiano di accendere l'inflazione. Si deve essere molto cauti. L'impressione che non si deve dare, però, è che mentre la disoccupazione aumenta, mentre il numero d'italiani che intende lavorare diminuisce, essendo già bassissimo (solo il 57,9% fra i 15 ed i 64 anni), gli aiuti siano diretti solo verso i soliti noti, a cominciare dall'eterno sostegno al mercato dell'auto. Dal punto di vista della spesa, insomma, i margini di manovra, per il governo, non sono ampi. Proprio per questo, però, sarebbe saggio dare all'Italia una frustata riformista, mettendo mano a quei cambiamenti che non solo non costano, ma, a regime, consentono meno spesa e migliore qualità della vita. Il governo deve interpretare la stagione che arriva non come quella del galleggiamento, ma, al contrario, come l'occasione per riprendere la corsa. Ecco alcuni esempi. 1. Nella finanziaria s'è prevista l'ipotesi di una minore pressione fiscale sul lavoro e sulle famiglie in difficoltà. Non solo è un'ipotesi, ma è troppo poco. Guardate i dati sui redditi relativi al 2007: fanno ridere, o piangere. Solo lo 0,18% guadagnerebbe più di 200mila euro lordi, di questi solo una minoranza sono imprenditori o liberi professionisti. E' ridicolo. In quanto al reddito medio dichiarato, è bassissimo. Tutto questo dice una sola cosa: chi può evade e l'occhio del fisco è aguzzo solo con chi non può sfuggire. Non basta pensare a nuovi controlli, pur giusti, perché i dati del contenzioso fiscale sono a loro volta sconfortanti: solo una percentuale minima degli evasori scoperti poi versano effettivamente qualche cosa. Serve una rivoluzione fiscale, che favorisca l'emersione ed incoraggi il lavoro e l'arricchimento. La progressività è giusta, ma le aliquote massime sono da rapina. Mentre la tassazione della rendita è decisamente più bassa. Cambiare sistema significa spronare a rischiare, lavorare e produrre, mentre oggi si premia chi rimpiatta e sfrutta. 2. I giovani sono sempre più esclusi dal mercato del lavoro, sono già tagliati fuori dal sistema pensionistico dei loro padri e dei loro nonni, hanno contratti non stabili, sui quali si scarica tutto il bisogno d'elasticità del mercato produttivo. Diamo loro in cambio, almeno, un sistema formativo decente. La nostra scuola e la nostra università ci costano quanto quelle di altri Paesi, ma il risultato, in termini di cultura e capacità trasmesse, ci pone in fondo alla graduatoria. Basta, è ora di smetterla di parlare di riforme avendo sempre in mente il rapporto con i sindacati, o anteponendo le esigenze di chi nella formazione lavora, devono essere i giovani a passare in cima ai nostri pensieri. Essi hanno bisogno di un sistema formativo serio, altamente selettivo, che consenta loro di competere con i loro coetanei, nel mondo. Non hanno alcun bisogno di pezzi di carta, non ci faranno nulla con il valore legale del titolo di studio, non devono essere facilitati a “passare”, ma aiutati ad eccellere. La nostra università va smantellata, perché contiene oasi di grande valore, ma nel deserto della dequalificazione e del clientelismo familistico. Spezzare questo infernale spreco sarebbe una grande segno di ripresa. 3. La nostra è la peggiore giustizia del mondo civile, il che corrompe la vita collettiva ed il mercato economico. Basta, anche qui, smettiamola di parlarne con i magistrati, come se fossero i proprietari dei tribunali, mettiamo avanti a tutto l'interesse del cittadino: tempi certi, responsabilizzazione personale, premio la merito, ma anche penalità per quanti non rispettano i termini previsti dalle leggi, allontanamento degli incapaci. Far funzionare la giustizia significa anche attirare capitali dall'estero, che oggi fuggono perché non tutelati dal diritto. E significa reprimere i capitali sporchi, che oggi furoreggiano mettendo fuori mercato l'economia e la gente onesta, creando vere e proprie zone extraterritoriali, sotto il dominio della criminalità organizzata. Sono solo tre esempi, ma sarebbero tre frustate capaci di suonare la riscossa, d'incoraggiare un ottimismo ragionato e non parolaio. Sarebbero il segno che cambiare si può. Quindi si deve.

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