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Bossi faccia tacere le sue «tribù»

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Nonso se suona piuttosto eccentrico di questi tempi l'invito alle forze politiche, ed in particolare a quelle di maggioranza, a riscoprire se non la mitezza, quantomeno la prudenza. Mi rendo conto che queste virtù nel tribalismo mediatico non sono di moda. Comunque non credo sia una buona ragione da parte dei rappresentanti del popolo assecondare lo spirito da corrida che sembra pervadere la vita pubblica perdendo di vista l'essenziale: la ricerca del bene comune. Il sentimento di rivalsa che grava sulla vicenda politica serve soltanto ad alimentare confusione e disagio tra la gente. Tutti vorremmo che la consegna elettorale non venisse disattesa e ciascuno facesse la sua parte secondo il mandato ricevuto. E ci piacerebbe assistere pure ad una discussione se non proprio serena, almeno civile tra i partiti. Non è l'auspicio dell'avvento di un mondo idilliaco, ma semplicemente di un sistema ordinato anche nel confronto più aspro, come sarebbe lecito attendersi in democrazia. Purtroppo sono in tanti a scambiare la dialettica con l'ordalia. E a questo fine si mettono in campo perfino le più disgustose minacce che allontanano la ricerca della ricomposizione dei dissidi. Se ciò, in una certa misura, può essere naturale e perfino accettabile tra opposte fazioni, risulta assolutamente sgradevole quando accade nell'ambito di una stessa coalizione. E, a tal proposito, ogni riferimento all'eccessivo protagonismo della Lega Nord non è casuale. D'accordo: Bossi, per vie tutt'altro che imperscrutabili, ha la golden share nel centrodestra. Un po' se l'è guadagnata, un altro bel po' gli è stata elargita fidando sulla saggezza acquisita con l'esperienza. Comprendiamo anche che nelle regioni settentrionali aspiri a conquistarsi una sorta di egemonia. E possiamo anche capire che il suo forte radicamento non nasce per caso, ma da un malessere che nel corso del tempo ha saputo interpretare. Da qui, però, a ritenere il suo movimento l'ombelico del mondo politico ce ne corre. Ed è un peccato che dia questa impressione poiché da chi vince ci si attende moderazione e non tracotanza. Fa parte del gioco fare la faccia feroce? In politica potrebbe essere molto pericoloso. Non sospetta il Carroccio che alzare sempre la posta, pretendere un rapporto privilegiato con il Cavaliere, ricordare che soltanto le «sue» riforme sono indispensabili può creare più d'un problema alla maggioranza? Stupisce che lo abbia dimenticato poiché lo sapeva bene al momento di stringere il patto che gli ha fatto vincere le elezioni insieme con il Pdl. In quell'accordo non era contemplato l'acceso antagonismo interno all'alleanza. E men che meno il ricatto delle elezioni anticipate qualora si fosse manifestato qualche problema. Uno spauracchio del genere, agitato come ammonimento a chi si azzardasse un tantinello a rompere le scatole, dovrebbe essere espunto dal vocabolario di una forza politica matura, responsabile e di governo. Alla Lega molto è stato riconosciuto. Sarebbe il caso che essa cominciasse a riconoscere anche agli altri il diritto di pensarla diversamente su talune questioni. Non tutti indossano la camicia verde. E nel centrodestra quest'autunno va di moda il classico «spezzato». Accontenta sempre tutti, come si sa. Purché lo si indossi con eleganza.

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