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Fini gioca a fare il leader del Pd

Gianfranco Fini

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Qualcuno scherzando lo chiama già «l'uomo nuovo della sinistra». Altri addirittura nell'indecisione tra Franceschini, Bersani o Marino lo vedrebbero molto bene come segretario del Pd. Questo magari non accadrà, ma quello che è certo è che i suoi nuovi supporter l'hanno già ribattezzato «il compagno Gianfranco». E come si fa a dargli torto. E passato poco più di un anno da quando è presidente della Camera e di sassolini dalle scarpe se ne è tolti più d'uno. Una rivoluzione nel Fini-pensiero tanto che viene da chiedersi quanto stretta ormai fosse diventata per lui Alleanza nazionale e quanto felice sia ora di non aver nessun ruolo all'interno del Pdl. Così Gianfranco, trincerato dietro il ruolo super partes che il suo incarico istituzionale gli impone, attacca. E il giochetto non può che piacere a questa sinistra. Quando mai ai vari D'Alema, Fassino, Rutelli e a tutta l'allegra compagnia ricapiterà un'opportunità simile. Il Partito democratico gioca così le sue carte. Sa benissimo che da solo non avrà mai reali chance di mettere in difficoltà il governo e allora, osannando Fini, spera di provocare un terremoto all'interno della maggioranza. E ogni pretesto è buono per dimostrare il proprio affetto al presidente della Camera. Basta prendere per esempio quanto accaduto sul testamento biologico. Fini vorrebbe che alla Camera si modificasse il testo già votato al Senato. Una mossa che per la sinistra diventa occasione per elevare l'ex leader di An a difensore delle libertà personali di ogni singolo individuo. Per non parlare dello scottante tema dell'immigrazione. Il delfino di Giorgio Almirante torna a proporre il voto amministrativo per gli immigrati e propone lo ius soli ovvero dare automaticamente cittadinanza ai figli degli immigranti. La Lega si infuria? Pazienza. Anzi è proprio quello che la sinistra vuole: aprire un fronte anche contro il Senatùr. E allora serve l'appoggio anche dei giornali vicini all'opposizione che vadano a dare ampio spazio alla sue dichiarazioni. Poca fatica comunque dato che il pensiero politico di Fini, si sa, è per molti aspetti opposto a quello proposto dal partito del Nord. Basta ricordare, ad esempio le forti dichiarazioni del presidente Fini sui medici e sui professori spia che dovevano essere inseriti all'interno del decreto sicurezza: «Una cosa immorale perché lede il diritto delle persone. Il rispetto della persona viene sempre prima, perché uno prima è un uomo e poi un clandestino». Vogliamo parlare poi del via libera dato dall'agenzia italiana del farmaco alla pillola abortiva Ru486? Non è bastato né l'attacco del Vaticano né tantomeno la richiesta dell'ex colonnello di An ora capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri che chiedeva al Parlamento di occuparsi della vicenda, a farlo indietreggiare: «Ognuno ha le sue opinioni, anche io ho la mia. Il tema non è oggetto di dibattito politico». Una dichiarazione che gli vale addirittura l'appellativo di «ghibellino». Così si capisce perché Fini piace alla sinistra così tanto. Loro che hanno fatto della difesa delle libertà individuali il proprio manifesto, il presidente della Camera deve piacere per forza. Non solo come argine al berlusconismo, ma proprio come portatore di una certa visione del mondo. Una politica più laica, meno gossippara e che vada nella direzione del politicamente corretto. Da qui l'appello dei giorni scorsi ad senza arrivare ai toni forti. Infine ci mancava solo che Roberto Benigni ironicamente si mettesse a sferzare il Pd costringendolo a scegliere una linea politica. Due le alternative: da una parte il comunista Bersani e dall'altra l'ex missino Fini. E ora che vinca il migliore.

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