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Il "moralista" Boffo nel mirino per molestie

Dino Boffo

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Arrivato a L'Aquila, il cardinale Bertone è assediato dai giornalisti che lo incalzano chiedendogli come mai la cena con Berlusconi è saltata e come mai il premier non è lì a partecipare alla celebrazione della Perdonanza. Bertone svicola, «a me lo chiedete?» si trincera ma l'imbarazzo è evidente. L'attacco sferrato dal direttore del Giornale, Feltri, all'Avvenire brucia anche perchè c'è il sentore che è solo la prima puntata, che c'è dell'altro, nel cassetto, pronto a essere tirato fuori. «Il supermoralista condannato per molestie» è il titolo a tutta pagina che Feltri fa esplodere in una giornata già infuocata dal caldo estivo. È l'ennesima puntata di una battaglia mediatica che il direttore del Giornale ha avviato dal primo giorno del suo insediamento. Nelle poche righe del titolo si dice l'essenziale: «Dino Boffo, alla guida del giornale dei vescovi italiani e impegnato nell'accesa campagna di stampa contro i peccati del premier, intimidiva la moglie dell'uomo con il quale aveva una relazione».  Feltri va oltre. In un editoriale sferra l'affondo mortale. Il caso a cui si richiama il Giornale è una vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto Boffo tra il 2001 e il 2002 e che ha avuto come epilogo un rinvio a giudizio - riferisce il quotidiano di Feltri - disposto dal Gip del Tribunale di Terni il 9 agosto 2004. Alla base della vicenda ci sarebbe la querela di una signora di Terni «destinataria - si legge - di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione». Il Giornale riferisce che Boffo chiese il patteggiamento pagando poi un'ammenda di 516 euro. Nell'editoriale Feltri ventila l'ipotesi di una sorta di asse tra La Repubblica che «da tempo scava nel privato del premier» e l'Avvenire che «pure ha messo mano al piccone per recuperare materiale adatto a creare una piattaforma su cui costruire una campagna moralistica contro Berlusconi accusato di condurre un'esistenza dissoluta in contrasto con l'etica richiesta a una persona che ricopra cariche istituzionali». Per Feltri vanno «smascherati quei moralisti privi di titoli idonei affinché i cittadini sappiano da quale pulpito vengono certe prediche». Insomma Boffo «è privo di quei requisiti morali per fare il moralista o per recitarne la parte». Immediata la replica di Boffo che parla di «killeraggio giornalistico» e accusa Feltri di «montare una vicenda inverosimile, capziosa, assurda» condotta senza «chiedere il punto di vista del diretto interessato» giacchè questo «avrebbe disturbato l'operazione che andava (malamente) allestendo a tavolino al fine di sporcare l'immagine del direttore di un altro giornale e disarcionarlo». Poi Boffo lascia intendere la possibilità di un'azione legale nei confronti di Feltri. A stretto giro la reazione della stessa Cei, che conferma la sua fiducia nel direttore dicendo che il quotidiano è «da lui guidato con indiscussa capacità professionale, equilibrio e prudenza». La prima pagina del Giornale deve essere arrivata inaspettata al Vaticano in una giornata che, si pensava, avrebbe dovuto segnare un momento di dialogo con l'occasione della cena a L'Aquila. Non per niente l'Osservatore Romano ieri rispondeva al teologo Vito Mancuso che dalle colonne di Repubblica, contestava l'opportunità dell'incontro a L'Aquila. «C'è chi vorrebbe una Chiesa sempre pronta a pubbliche condanne, invece che alla cura individuale delle coscienze», scrive l'Osservatore Romano e «la penitenza è una cosa seria, tanto da non dover venir confusa con polemiche contingenti come quelle a cui sono usi i giornali». Poi la presa di distanza dalle vicende politiche. «La Chiesa, condannando il peccatore e non il peccato darebbe prova di nichilismo e di coinvolgimento partigiano in vicende politiche contingenti».

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