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L'uomo «nuovo» del Pdl che strega la platea del Pd

Gianfranco Fini

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Forse è stata una cattiveria quella di invitare Franco Marini a un dibattito insieme a Gianfranco Fini. Perché sul palco che ha ospitato il confronto alla festa del Pd di Genova c'è stato un politico solo, il Presidente della Camera, l'ex leader di An al quale ieri anche L'Unità, invece di attaccarlo, ha dedicato un articolo dal titolo «il debutto del "nuovo" Fini». E così, per uno strano gioco di appuntamenti, feste e destini incrociati, nel giorno in cui il numero due del Pdl si «esibiva» sul palco dei Democratici, un altro leader (o che almeno spera di diventarlo), Pierluigi Bersani, al meeeting di Rimini raccoglieva i favori di una platea più propensa invece a guardare al mondo cattolico e di centro piuttosto che all'universo della sinistra anticlericale. Ma anche Pierluigi Bersani — che comunque essendo emiliano con Cl ha da sempre buoni rapporti dovuti anche ai legami tra cooperative bianche e rosse – da tempo ha fatto dimenticare la sua anima più comunista, costretto come è a guardare anche a quella parte del suo partito più di centro. A Gianfranco Fini Genova ha tributato un'accoglienza quasi fosse un esponente del Pd. L'applauso con il quale è stato accolto ha spinto il direttore del Tg2 Mario Orfeo che moderava il dibattito ad ammettere che era stato «più caloroso» di quello tributato a Franco Marini. E alla fine del confronto, mentre il senatore del Pd è «indietreggiato» a parlare con i suoi, Fini è stato «chiamato» al bordo del palco da una folla di persone. Ha firmato autografi, ha riposto a domande, ha "siglato" un taccuino su cui gli era stata fatta una caricatura, ha stretto mani. Come se fosse un vecchio conoscente di partito. Del resto il sindaco di Genova Marta Vincenzi, intervistata ieri da L'Unità, aveva fatto capire che il clima per lui sarebbe stato assolutamente favorevole: «Fini ha dimostrato di saper rappresentare con un altro profilo le istituzioni e la città saprà accoglierlo come merita, con rispetto». E Fini non ha tradito le aspettative. Ha parlato di immigrati, Chiesa, testamento biologico usando l'arma della ragionevolezza. Lontano, lontanissimo dalle asprezze della Lega ma anche dallo stile di Silvio Berlusconi. E il riconoscimento più inaspettato gli è arrivato quando ha parlato della sentenza della Corte europea sui fatti del G8 del 2001 a Genova nella quale l'intervento del carabiniere che uccise Giuliani è stato giudicato come legittima difesa. «Sono orgoglioso di essere italiano», ha detto il presidente della Camera. E la platea gli ha tributato un applauso. L'ennesimo.

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