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E la Gelmini fa appello

Il minsitro dell'Istruzione Mariastella Gelmini

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Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, non ci sta. E a meno di ventiquattro ore dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, che ha dichiarato illegittimi i crediti scolastici attribuiti agli alunni dai professori di religione e li ha di fatto estromessi dalla partecipazione agli sctrutini, è pronta a dare battaglia legale. «Abbiamo deciso di ricorrere al Consiglio di Stato - spiega a Il Tempo la Gelmini - forti di un precedente molto simile in cui l'organo amministrativo ribaltò il giudizio del Tar sul medesimo tema». Il verdetto dei giudici amministrativi ha comunque colto di sorpresa non poco il ministro. «Non condividiamo la tesi espressa dai giudici amministrativi che sospende quello che era ormai un fatto consuetudinario». In realtà non cambia nulla per le famiglie nel nocciolo della questione e cioè quello della scelta pro o contro l'insegnamento religioso ai ragazzi. «La decisione non influenza la libertà di scelta per l'ora di religione» aggiunge la Gelmini che è convinta del fatto che la maggior parte delle famiglie non avrà problemi di nessun genere. Il punto resta la querelle sul credito acquisito dagli alunni che restano in classe quando entra il professore di religione. Una questione «incomprensibile perché si tratta di un credito formativo e non scolastico. Il suo effetto insomma non ha un effetto diretto sulla votazione finale. Viene riconosciuto ad esempio solo a chi intende continuare la sua carriera nel volontariato. Ma non discrimina assolutamente». Ma tant'è. Ora il cammino del ricorso è cominciato.   I tempi saranno quelli richiesti dalla burocrazia e il ministro non si sbilancia su quando i consiglieri di stato investiti della materia emetteranno la loro pronuncia ma su un punto il ministro che guida il dicastero di Viale Trastevere non transige. «Le motivazioni che hanno spinto il ministero a contestare la sentenza sono legate alla difesa dei principi cattolici che sono patrimonio di tutti. E che vanno difesi da certe forme di laicità intollerante che vorrebbero addirittura impedire la libera scelta degli studenti e delle loro famiglie di seguire l'insegnamento della religione». Insomma la scuola pubblica si erge a difensore di un'identità nazionale che è fatta anche dai principi cristiani. «Non possamo negare che la nostra origine è fatta di questi valori. Sono un patrimonio di tutti. E questa identità dobbiamo difendere» spiega con veemenza il ministro. Il rischio, infatti, è anche un altro e cioè che se l'affondo laicista venisse confermato la sentenza potrebbe aprire una discriminazione contro i cattolici italiani. «L'ordinanza del Tar infatti determina un ingiusto danno nei confronti di chi sceglie liberamente di seguire il corso» conclude la Gelmini. Che non ha intenzione di cedere sul punto.

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