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Gasparri: "Ma guardiamo i fatti, la Lega vota anche per il Sud"

Maurizio Gasparri

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Maurizio Gasparri è in vacanza in Sicilia. «Oggi sono andato in spiaggia e allo stabilimento oltre alle bandiere dei vari Paesi e a quella italiana c'è anche quella gialla e rossa con la Trinacria in mezzo, vessillo dell'Isola», spiega il capogruppo del Pdl al Senato. D'accordo, ma lo stabilimento balneare non è un'istituzione. «E va bene. Allora lei è al Tempo? Bene, faccia cinquecento metri e arrivi al Campidoglio. Troverà lì la bandiera italiana e quella gialla e rossa di Roma. Insomma, non mi pare una cosa scandalosa. Le bandiere regionali, e ancora di più quelle cittadine, sono ormai un dato acquisito». Tanto da inserirle nella Costituzione? Non è un modo per sminuire il tricolore? «Lei è sicuro che passerà una proposta del genere in Parlamento, dopo ben quattro letture visto che si tratta di una legge costituzionale? Mi sembra che è estate, la politica è ferma, e si va alla ricerca del titolone. Ci sono i soliti che si scoprono improvvisamente difensori della storia patria anche se fino a ieri se ne fregavano altamente. Domani è tutto finito».   E lei come fa ad esserne certo? «Proprio pochi giorni fa parlavo con Bricolo e lui mi diceva che uno della Lega aveva presentato una proposta per l'istituzione dell'esercito del Nord. E proprio lui rideva e diceva che sono quelle proposte che si fanno ad inizio legislatura e poi finiscono nel cassetto. I cassetti del Parlamento sono pieni di proposte che poi si tirano fuori d'estate, quando non c'è molto da dire e allora si alimentano polemiche sul nulla». Prima l'esame di dialetto ai professori, poi l'insegnamento del dialetto a scuola, poi il dialetto al Festival di Sanremo. Ora le bandiere e gli inni locali nella Costituzione. Dove vuole arrivare la Lega? «Da nessuna parte».   Come da nessuna parte? «Sì, insomma, se poi si vanno a vedere nel merito queste proposte non mi sembrano così deflagranti».   Non le sembra che sia in corso un progetto di disgregazione dell'unità nazionale? «No, non mi pare. Anche sui dialetti ai professori si trattava di un normalissimo esame per valutare il grado di conoscenza della storia locale». D'accordo ma pezzo dopo pezzo sembrano picconate all'unità d'Italia? «Rovescerei il quesito. Guardiamo i fatti, che - se permette - contano qualcosina di più». Quali fatti? «Allora, la Lega ha votato Roma Capitale che era nel federalismo fiscale. Ha votato il via libera ai 500 milioni per Roma allo scopo di tamponare almeno il buco lasciato da Veltroni. Ha votato i 140 milioni per Catania. I rifiuti di Napoli. Le missioni in Afghanistan per le quali Bossi pure era sembrato perplesso. Alla fine questi sono i fatti». Non crede che la Lega ora voglia alzare il prezzo? «Ma no, nessuna minaccia. I giornali dovrebbero lasciar stare le chiacchiere. Ne vuole un esempio?» Prego. «Le emissioni di nuovi francobolli sono quattro cinque all'anno. Quando ero ministro delle Comunicazioni decidemmo di varare alcuni celebrativi delle Regioni. Sa quanti ne sono stati fatti?». No, dica pure. «Nessuno, perché le Regioni non si sono mai messe d'accordo da quali cominciare. Come vede, a parole sembra tutto facile. Nei fatti...». Ci saranno rischi per il piano Sud che sta per mettere a punto il ministro Tremonti? «Si confrontino con la maggioranza». Che cosa vuole dire? «Il Pdl ha una sua proposta per il Sud. E ha le sue richieste. Il governo ne tenga conto altrimenti ci penseremo noi in Parlamento. E poi Tremonti è un genio ma non è infallibile. Anche lui commette errori». A quali si riferisce? «Il decreto sul terremoto. Avevamo detto al Senato di fare attenzione sulle tasse ai terremotati ma non ci hanno voluto ascoltare. Poi hanno ceduto alle proteste della sinistra alla Camera. Non era meglio seguire le indicazioni del Pdl?».  

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